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Rio Mavuba, il capitano apolide

Una lunga carriera in Europa che lo ha portato sino alla Nazionale francese, ma per Rio Mavuba non tutto è stato semplice. La guerra sullo sfondo, il mare come culla ed il calcio nel destino: la sua infanzia è una sfida ai preconcetti.

Si sa, non tutte le vicende hanno un lieto fine. Quella di oggi, nonostante infinite difficoltà, ha avuto un epilogo felice, fatto di orgoglio e rinascita. La storia di Rio Mavuba e della sua famiglia è costellata di tragedie, alcune scampate e altre concretizzatesi. È una storia fatta di guerra e di dittatura, di morte e della ricerca di una terra promessa. Essa, come accennato, non coinvolge solo Rio, ma anche i suoi genitori. Per raccontare tutte le peripezie vissute dalla famiglia Mavuba partiamo da papà Mafuila: riavvolgiamo perciò il nastro per tornare al Mondiale del 1974, organizzato dalla Germania Ovest.

Punizione per la vita

Gelsenkirchen, 22 giugno, al Parkstadion si affrontano il Brasile e lo Zaire, ossia l’attuale Repubblica Democratica del Congo. I verdeoro sono reduci da due pareggi a reti inviolate e necessitano di una vittoria con tre gol di scarto per poter superare il girone, mentre i Leoni subsahariani sono alla prima partecipazione ad un Mondiale. Per la nazionale congolese, nella quale milita anche Mafuila “Ricky” Mavuba, si prospetta un’altra netta sconfitta.

La Seleção passa in vantaggio dopo meno di un quarto d’ora, ma fatica ad affondare il colpo e solo tra il 67° e il 79° riesce a mettere in cassaforte il risultato. A cinque minuti dal novantesimo, con il Brasile pronto a battere un calcio di punizione in zona offensiva, accade l’inverosimile: il difensore Joseph Mwepu Ilunga si stacca dalla barriera e calcia il pallone più lontano che può. Questo gesto, che passerà alla storia come “la punizione al contrario“, appare inspiegabile: qualcuno addirittura ipotizza che i giocatori dello Zaire non conoscano il regolamento.

L’iniziativa del difensore in maglia verde non è da attribuire a una scarsa conoscenza delle regole, bensì alla figura del dittatore Mobutu Sese Seko. Mobutu è noto, fra l’altro, per aver deciso di cambiare il nome del proprio paese nel 1971, istituendo la denominazione “Repubblica dello Zaire” al posto di “Repubblica Democratica del Congo”. Il dittatore, alla vigilia della gara contro il Brasile, si lascia difatti andare ad una poco velata intimidazione:

Ha mandato le guardie a minacciarci, se avessimo perso 4-0 col Brasile nessuno di noi sarebbe tornato vivo a casa

Mwepu svela il perchè del suo gesto, BBC, 2002
Joseph Mwepu Ilunga e la punizione più famosa della storia dei mondiali.

La “punizione al contrario” ha salvato la vita dell’intera rappresentativa africana, compreso Mafuila; ma le difficoltà, per lui, non sono finite.

Luanda – Marsiglia

A 33 anni, dopo un’intera carriera trascorsa nel Vita Club di Kinshasa, Mavuba lascia il calcio ed abbandona lo Zaire. Le condizioni dovute al regime dittatoriale imposto da Mobutu non gli consentono alternative. Così Mafuila si mette in viaggio verso l’Angola, paese di provenienza della moglie Thérèse. La scelta non è certamente delle più fortunate: in seguito all’indipendenza dal Portogallo, nel 1975, si scatena una violenta guerra civile, conclusasi solo nel 2002. I due si trovano di fronte ad un bivio doloroso: lasciare tutto o morire.

Nel 1984, dopo soli due anni di permanenza in Angola, la coppia parte alla volta della Francia: è il classico viaggio della speranza. La destinazione prescelta è Marsiglia. Mafuila e Thérèse si imbarcano dal Porto di Luanda verso un nuovo mondo, per una nuova vita.

Eravamo disposti ad ammettere qualsiasi cosa, ma non di essere stati cominciati dai piedi.

André Leroi-Gourhan, Il gesto e la parola

Come fece intendere l’antropologo francese André Leroi-Gourhan, con abbondante sagacia, gran parte del nostro essere umani dipende dai piedi. A cominciare dalla posizione eretta, passando per gli spostamenti che ci hanno reso possibile abbandonare la torrida Depressione di Afar, là dove nacque l’Homo Sapiens. Le stesse migrazioni che hanno portato Mavuba in Francia, e alle quali siamo ancora abituati.

Oggi siamo quello che siamo, non perché nella preistoria non ci fossero i migranti, ma perché non c’era nessuno a fermarli.”

C’è chi la pensa come Leroi-Gourhan. Tratto da Il Tenente Spritz, Stefano Fierli

Rio Mavuba: né en mer

Oggi come allora i viaggi verso il Vecchio Continente sono tutt’altro che facili, ciò si ripercuote su Thérèse e sul bimbo che porta in grembo. Lo stress e le difficili condizioni di navigazione in cui si trova la coppia possono solo peggiorare la situazione. Così, l’8 marzo 1984, in un punto imprecisato dell’Oceano Atlantico, nasce un maschietto. Verrà chiamato Rio, in onore dell’acqua dov’è nato. Rio Antonio Mavuba. E questa è la sua storia.

Una volta approdati in territorio francese, a Mafuila e Thérèse viene concesso lo status di rifugiati politici. Ma al momento di registrare la nascita del piccolo Rio sorgono ulteriori problemi: sul suo documento verrà semplicemente scritto né en mer. Nato in mare.

Suicida
perché non aveva più
Patria
Amò la Francia
e mutò nome


Fu Marcel
ma non era Francese
e non sapeva più
vivere
nella tenda dei suoi
dove si ascolta la cantilena
del Corano
gustando un caffè

Un estratto da “In memoria”, Giuseppe Ungaretti

Giuseppe Ungaretti, poeta errante per eccellenza, scrisse questi versi per celebrare Moammed Sceab, suo amico e collega, morto suicida perché si sentiva senza patria. Le parole e la vita del rimatore alessandrino si incastonano perfettamente nel discorso riguardante l’infanzia di Rio Mavuba, il capitano apolide.

Gioie e lutti

Ad appena due anni Rio resta orfano della madre, è l’ennesima tragedia in famiglia. Mafuila fa ciò che può: si trova da solo, con un bimbo da accudire e in un paese che, nonostante l’abbia accolto, non è fino in fondo casa sua. Rio dal papà acquisisce il potenziale calcistico che gli permette di entrare nelle giovanili del Bordeaux a 7 anni. Agli allenamenti e alla gioia che il calcio regala fa da contraltare l’ennesima sciagura: quando Rio ha 12 anni perde anche la figura paterna. Rio Mavuba è ora solo al mondo. Il suo unico amico è il pallone, mentre la sua seconda casa è il centro d’allenamento del Bordeaux.

Proprio con i Girondini fa il suo esordio in Ligue 1, nel 2003. Dopo quattro stagioni, e con una Coppa di Lega in bacheca, Rio riempie la propria valigia e coglie l’occasione di firmare per il Villarreal, che se lo aggiudica per una cifra vicina ad 8 milioni di euro. L’avventura al Submarino Amarillo dura appena mezza stagione, il tempo di collezionare una manciata di presenze con la compagine spagnola, di cui cinque in Liga. Non è un fallimento, il calcio iberico non si cuce addosso a Rio.

Ecco dunque il ritorno in prestito in patria, precisamente a Lilla. Sì, patria, perché finalmente la Francia è la terra di Rio Mavuba: ha ottenuto la cittadinanza per legge al compimento del ventesimo anno d’età. Nella città nordista il centrocampista si ritaglia abbondante spazio e convince la dirigenza ad acquistarlo a titolo definitivo. È l’inizio di una permanenza durata nove lunghi anni, durante la quale i Mastini stupiscono tutti e Rio torna protagonista.

Double

È il 23 maggio 2021 e Josè Fonte solleva il trofeo: il Lille è campione di Francia. Il capoluogo dell’Alto Nord esplode di gioia a distanza di dieci anni e due giorni dall’ultimo titolo, sollevato porprio dal nostro protagonista. Ripercorriamo allora nel dettaglio la miglior stagione di Rio e della squadra lilloise, la stagione 2010/11. Il LOSC parte molto solido e conclude le prime otto gare da imbattuto, ma i cinque pareggi rischiano di rallentare la sua corsa. Tra la nona e la decima l’ingranaggio sembra scorrere meno fluido, due KO contro Lione e Marsiglia. Si tratta di un semplice incidente di percorso: da qui in avanti gli errori commessi sono pochissimi. Il 31 ottobre ha inizio un’altra importante striscia di imbattibilità: 13 gare in cui i Biancorossoblù non conosceranno sconfitta.

Mavuba e Fonte, campioni con il Lilla
Dopo dieci anni il Lilla è nuovamente campione!
Fonte immagine sopra: Twitter @ActuFoot, Fonte immagine sotto: Pinterest

Il ritmo alle gare lo impone sempre il Lilla, e di conseguenza il suo capitano. Rio Antonio Mavuba è metronomo del centrocampo, la sua è una valida presenza in entrambe le fasi. Les Dogues sanno quando soffrire e sanno quando salire sull’ottovolante, l’esempio sono le vittorie per 5-2 a Caen e per 6-3 sul Lorient.

Al giro di boa il LOSC è saldamente al comando, complice il susseguirsi di risultati utili sopracitati. La battuta d’arresto arriva solo alla ventiquattresima giornata a Montpellier, lo stesso avversario che aveva eliminato i Mastini nei quarti di Coupe de la Ligue. Il Lille non molla: grazie al 2-2 strappato al Parco dei Principi, alla 37a giornata, conquista il suo terzo titolo. Appena sette giorni prima il capoluogo nordista aveva visto i suoi beniamini vincere la Coupe de France. È una storica doppietta, la banda di Rudi Garcia è sul tetto di Francia.

Rio Mavuba è bleu

Mavuba fa il proprio esordio con la maglia della Francia nell’agosto 2004, quando è poco più che ventenne. Rio, però, ha già avuto occasione di indossare la casacca dei galletti U-21 nei pochi mesi intercorsi fra l’ottenimento della cittadinanza e la convocazione con la rappresentativa senior. Domenech, allora CT transalpino, non dovette attendere a lungo una risposta affermativa da parte del mediano. Mavuba rispedì difatti al mittente la convocazione della Nazionale della RD del Congo. Alla chiamata di Claude Le Roy, all’epoca sulla panchina dei Leopardi, replicò molto educatamente

Ringrazio Le Roy, ma mi sento francese: sono cresciuto qui. Il mio obiettivo, d’ora in avanti, è quello di giocare per la Francia.

Il cerchio si chiude idealmente nell’estate del 2014, quando in Brasile si tiene la 20a edizione dei Mondiali. Didier Deschamps, selezionatore francese, inserisce il nome di Rio Mavuba nella lista dei 23 convocati. Il 15 giugno il CT lo manda in campo al 65°, per sostituire Yohan Cabaye. A distanza di quattro decadi esatte un altro Mavuba scende in campo in una Coppa del Mondo. Ironia della sorte, poi, entrambe le edizioni sono state vinte dalla Germania.

Rio Mavuba ha totalizzato 13 presenze con la divisa della Nazionale francese.
(Fonte immagine: Twitter @ftblsm)

Il gettone internazionale del mediano del Lilla porta in superficie una riflessione su quanta importanza abbia il calcio nella vita di chi lo gioca. Per Rio Mavuba il Brasile costituisce forse l’apice della sua carriera, è là dove ha coronato il sogno di qualsiasi calciatore: rappresentare il proprio paese nella competizione calcistica più seguita. Per Mafuila, al contrario, la sconfitta patita contro i verdeoro ha segnato il punto più basso della sua carriera calcistica, con la minaccia di morte incombente su di lui e sull’intera selezione congolese.

Mai dimenticare

Nel dicembre 2014 Mavuba annuncia la sua intenzione di lasciare il Lilla a fine stagione. Nonostante ciò, la separazione dai Mastini avviene solo durante l’estate 2017. Il classe ’84 non rientra nei piani di Marcelo Bielsa, neoallenatore della società nordista, e viene così messo alla porta. Il mediano lascia la Francia ed accetta la proposta dello Sparta Praga. Rio sa che la sua carriera è già entrata in una parabola discendente, ma è altresì convinto che, se ci si diverte ancora, vale la pena proseguire nel proprio intento. L’avventura in Cechia si interrompe già alla fine della prima stagione, complici i molti infortuni patiti, malgrado i due anni di contratto rimanenti. Il centrocampista decide di ritirarsi, è la fine di un viaggio. Un viaggio conquistato con fatica e forza di volontà.

Mafuila raccontando il proprio passato non si sentiva certo a suo agio. Avrebbe volentieri evitato le domande che aprivano vecchie ferite, mai del tutto cicatrizzate, ben consapevole però che sarebbe potuta andare peggio. Così rispondeva a chi gli chiedeva del viaggio verso Marsiglia: “Sinceramente, non ho voglia di raccontare quell’episodio. Lo conservo dentro di me, per ricordarmi di quanto io sia stato fortunato quel giorno”. Rio ha promesso che non avrebbe dimenticato le sue origini, e lo ha dimostrato.

Sebbene abbia deciso di non vestire la casacca del Congo, dando la priorità a quella della Nazionale francese, il legame tra Mavuba ed il continente africano è molto saldo. Nel 2009, nel quartiere di Kinshasa dove abitava papà Mafuila, ha infatti dato vita ad un’associazione che si prende cura dei bambini congolesi rimasti orfani. La fondazione “Les orphelins de Makala” oggi segue una trentina di ragazzi. Non distante sono sorti una scuola ed un campo sportivo. Da oltre dieci anni a questa parte, grazie al calcio, i bambini del quartiere di Makala possono sperare in un futuro migliore. Quel futuro che Rio si è preso con le unghie, con i denti, e col talento.

La storia di Rio Antonio Mavuba è una sfida al preconcetto del calciatore cresciuto nell’agio e con il solo danaro come scopo. In questo caso c’è di più: orgoglio, rivincita e voglia di alimentare un sogno. Il sogno è realtà: il capitano apolide è diventato cittadino del mondo.


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Fonte immagine di copertina: GQ Magazine.fr

Di Matteo Giribaldi

Nasco a Genova il 22 aprile del 2000. A calcio non so giocare, così provo ad arbitrarlo e a raccontarlo. Potete trovarmi sveglio alle 3, mentre cerco che fine abbia fatto 'El Malaka' Martinez.

2 risposte su “Rio Mavuba, il capitano apolide”

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