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3 sì e 3 no da Manchester City-Chelsea 0-1

Manchester City-Chelsea è stato il terzo derby inglese in una finale di Champions. Addentriamoci sui sì e i no che ci ha lasciato la partita di Oporto.

Manchester City-Chelsea 0-1. È questo il verdetto della finale di Oporto. Tuchel ha la meglio su Guardiola, Abramovich sullo sceicco, i Blur sugli Oasis. È stata una finale che ci ha lasciato conferme e pure qualche dubbio, in cui ovviamente ci sono i sì e i no, i top e i flop, le cose belle e le cose meno belle.

Sì a Tuchel, allenatore concreto

Esonerato dal PSG a Natale, Tuchel vince la Champions League dopo aver iniziato la stagione con un altro club. E non era mai successo. La scuola tedesca, solida e pragmatica, si conferma una delle migliori: gli ultimi tre allenatori che hanno vinto la Champions provengono dalla Germania, che si issa in testa insieme all’Italia nella classifica delle nazioni ad avere avuto un allenatore trionfare in Coppa dei Campioni/Champions League: 7. Vince Tuchel e, signore e signori, la vince con la difesa a 3, sfatando questa magica credenza italiana, secondo la quale per trionfare servono numeri perfetti e ricercati. Se Manchester City-Chelsea è finita 0-1, non è proprio un caso…

Sì a N’Golo Kanté, è dappertutto

È Campione del Mondo in carica con la Nazionale francese, e da poco anche Campione d’Europa con il suo club. Basterebbero questi due dati di fatto, semplici e scarni, per dare l’idea di che giocatore sia N’Golo Kanté. Quando scende in campo lascia sempre senza parole. Il match winner della finale di Oporto è Kai Havertz, con il gol che sancisce la vittoria dei Blues, ma è innegabile: il centrocampista francese è l’arma in più del Chelsea.

Lo si trova in fase difensiva a sradicare il pallone dai piedi avversari e un secondo dopo fornisce il proprio apporto in zona d’attacco. Conclude la partita con oltre 12 km macinati, primo della serata per distanza percorsa. Inoltre, sebbene sia il giocatore più basso del Chelsea in campo (1.68m), risulta aver vinto più contrasti aerei rispetto a tutti i suoi compagni. La sua grinta e la sua qualità non vanno mai messe in dubbio. Lui c’è, sempre. God save N’Golo Kanté.

Sì al pubblico di Manchester City-Chelsea: finalmente

Bayern-PSG l’anno scorso ha messo tanta tristezza. Una finale di Champions League a porte chiuse, senza nessuno al seguito, senza nessun boato al goal di Coman. In Manchester City-Chelsea uno dei veri protagonisti del calcio è finalmente ritornato: il pubblico. 16.500 spettatori presenti all’Estádio do Dragão di Oporto, una capienza del 33% sul totale. Vedere un po’ di colori in tribuna e sentire cori e incitamenti è una boccata d’ossigeno per tutto il movimento. I due club finalisti hanno ricevuto 6.000 biglietti ciascuno da distribuire ai fan e ne hanno condotto direttamente la vendita. I biglietti riservati al pubblico neutrale invece sono andati esauriti in poche ore. Tutti avevano voglia di riassaporare una cara e vecchia abitudine, e anche le autorità si sono organizzate bene: chi è entrato allo stadio infatti ha esibito la prova di un risultato negativo a un test COVID-19.

Finalmente il pubblico, e che splendida cerimonia! (foto tratta dal profilo Instagram della Champions League)

No, caro Pep, così no

L’ha persa Pep, sin dall’inizio. Guardiola ha messo in discussione tutte le sue teorie di gioco rinunciando al play/mediano (Rodri o Fernandinho), sacrificando gli inserimenti di Gundogan, il miglior marcatore Citizens in PL. Ha voluto ancora una volta inventare, ma questa volta ha ciccato, anche perché le sostituzioni non si sono rivelate fortunose. Il suo City ha avuto un possesso palla sterile, ha prodotto metà delle occasioni che invece sono state create dal Chelsea, e alla fine ha avuto solo 0,35 xG. Non sono cose da Pep. Forse bisognava mettere anche un Gabriel Jesus o un Agüero negli 11 titolari. Pep ha sbagliato completamente formazione, ed è un errore grave.

No alle lacrime di Thiago e di KDB

La Storia Infinita di questa sera comincia con due destini incrociati e tante lacrime versate. Thiago Silva e Kevin De Bruyne sono agli antipodi per origini, percorso di vita, stile di gioco, posizione in campo. Eppure, entrambi sono così simili per il rapporto amaro che hanno avuto con la Champions in passato. Il belga ha raggiunto questo obiettivo dopo aver inseguito questa finale per 6 anni con la maglia dei Citizens. Il brasiliano, invece, la sua prima finale l’aveva disputata lo scorso anno, perdendo contro il Bayern Monaco invulnerabile di Hansi Flick. Thiago Silva e De Bruyne hanno voluto mettersi in gioco e il Chelsea rappresenta il filo che lega questi due ragazzi.

De Bruyne è stato scacciato da quel Chelsea che aveva fama di sprecare talenti come Salah, Cuadrado, Lukaku e lui, il pupillo di Pep. Quel Chelsea che, alcuni anni dopo, ha accolto il difensore brasiliano, desideroso di rimettersi in gioco e di conquistare la Champions League. L’ennesimo filo che li ha legati è stato intessuto questa sera nella splendente cornice di Oporto: il brasiliano abbandona il campo dopo 39 minuti, il belga lo segue al minuto 60. Non sono potute passare inosservate le reazioni di questi due ragazzi, a cui il fato ha giocato un tiro mancino.

L’espressione vuota e impassibile di Thiago Silva, seduto per terra, vinto dall’infortunio e costretto ad abbandonare la sua retroguardia. Il pianto di De Bruyne, travolto dalla delusione di non aver potuto coronare il suo sogno di vincere quella finale di Champions League che ha così a lungo rincorso. Le finali sono le partite più crudeli poiché, al triplice fischio, si delinea sempre un vincitore e un vinto. Questa sera, però, tra i due ha vinto solo la delusione di non aver potuto lottare fino alla fine per la vittoria.

No a Zinchenko, il peggiore di Manchester City-Chelsea

Il suo errore pesa enormemente sul risultato di questa finale. Se ieri il Manchester City è uscito sconfitto è anche per colpa di Oleksandr Zinchenko, che eleggiamo suo malgrado come peggiore in campo. Sino al 42º regge l’urto con l’attacco londinese, sul finire della prima frazione però Havertz lo coglie d’infilata. L’ucraino lo guarda involarsi verso la porta difesa da Ederson. Ormai il danno è fatto: l’ex Leverkusen è più veloce e, dopo aver vinto un rimpallo, realizza l’1-0: è il gol partita, ed è anche la pietra tombale sulla gara di Zinchenko.

Il terzino soffre anche in un paio di altre circostanze, Stones non è eccezionale e lui rischia di affondare. Il rischio non si materializza, il passivo alla fine non aumenta. È una magra consolazione però: il City si ferma ad un passo dalla gloria, anche a causa della lettura errata di Zinchenko. Perdere una finale di Champions League in seguito ad un proprio errore è una macchia non indifferente. L’età è ancora dalla sua parte, ma la serata di Oporto è indubbiamente amara.


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Fonte copertina: Instagram Champions League

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