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Il Golden gol in dieci atti (parte due)

Le ultime cinque partite da raccontare della discussa epoca del Golden gol, tra grandi gioie e immensi dolori, tra club e nazionali.

Eccoci, cari lettori, alla seconda parte dei dieci atti che segnarono l’epopea tragicomica del Golden gol. Nella prima puntata abbiamo estratto dal mazzo alcune delle partite più note, tra quelle legate alla regola dell’asso pigliatutto. In questo articolo ci dedicheremo anche ai club, oltre che alle nazionali.

Buona lettura.

Australia – Uruguay 2-1, Mondiale Under 20 1993

Il Golden gol sarebbe dovuto entrare in vigore l’anno prima, in occasione dell’Europeo 1992, ma per l’insurrezione delle emittenti televisive non se ne fece nulla, così l’onere toccò al Mondiale australiano Under 20 del 1993.

I quarti di finale tra i padroni di casa e gli uruguagi segnò fin dall’inizio la separazione tra i concetti di immensa gioia e profondissimo dolore, sentimento che sfociò in un miscuglio intenso tra rabbia e frustrazione quando, dopo la schiacciata frontale di Anthony Carbone al novantanovesimo, gli uruguagi non la presero esattamente bene, loro, prime vittime sacrificali sull’altare dello show. Stando ad alcuni aneddoti riguardanti il match, alcuni di loro non si erano resi conto di essere stati eliminati.

Lo spogliatoio ringrazia.

Italia – Portogallo 1-0, Europei Under 21 1994

Il grande ciclo dell’Under 21 italiana degli anni Novanta, Cesare Maldini al comando. Dopo la vittoria del 1992, arriva il trionfo in terra francese, strano il destino, contro il Portogallo di Luis Figo e Rui Costa. Gli Azzurrini potevano contare su Francesco Toldo, Christian Panucci, Fabio Cannavaro e Filippo Inzaghi, ma a decidere la sfida sarà Pierluigi Orlandini, entrato al posto del futuro Super Pippo.

Giuseppe Pastore, in un articolo pubblicato dall’Ultimo Uomo, intitolato Come ci è venuto in mente il Golden Goal?, ne traccia il profilo in questi termini: Orlandini, subentrato a Pippo Inzaghi a sei minuti dalla fine dei regolamentari, non è esattamente il prototipo del calciatore intenso che va di moda negli anni Novanta. Traccheggia da mezzapunta nell’Atalanta che sta retrocedendo in B, si sostiene abbia talento ma scarsa applicazione ed è comprensibile che non vada troppo a genio a un tecnico prudente come Cesarone.

Tanto stanco e ingobbito era l’incedere dell’atalantino, tanto incendiario il suo dardo. L’incrocio prese fuoco, grazie ad un tracciante sinistro dal limite che fece cadere il castello di carte lusitano.

L’Italia sogna, in vista dell’estate e intanto si gode i suoi piccoli campioni, ignara del futuro e della cattiveria dello spietato Golden gol, ma, nel frattempo, rendiamo grazie al regolamento.

Galatasaray – Real Madrid 2-1, Supercoppa Europea 2000

Possiamo affermare con pochi dubbi che, nel Galatasaray di fine millennio, siano sbocciati gradualmente talenti fondamentali per la costruzione delle nazionale turca che si classificherà terza ai Mondiali del 2002: Okan Buruk, Emre Belozoglu, Hakan Sukur, Umit Duvala, solo per citarne alcuni, allenati da un certo Fatih Terim. Nel 2000 arrivò una indelebile vittoria in finale di Coppa UEFA, contro l’Arsenal di Arsene Wenger. Dopo anni di trionfi casalinghi, finalmente il grande traguardo europeo. Purtroppo per loro, nell’estate della Supercoppa contro il Real Madrid, venne avviata la diaspora che, di lì a qualche anno, porterà diversi elementi di spessore fuori dalla Turchia, destinazione privilegiata l’Italia, Milano.

Ma, contro le Merengues, la squadra turca era ancora un collettivo di tutto rispetto, potendo contare su carneadi come Claudio Taffarel, Gheorghe Popescu e Gheorge Hagi, oltre al nuovo acquisto Jardel: il brasiliano viene da ottime annate al Porto.

La sfida si dimostra tirata, prima Jardel, poi Raùl, portano il match sulle spasmodiche onde del golden gol.

Alle volte, per entrare nella storia, non occorrono gol spettacolari, dribbling mortiferi per superare l’intera difesa avversaria o simili. No, in alcune occasioni basta l’intuizione di essere in leggero anticipo sul proprio marcatore, pochi, minuscoli dettagli decisivi. Jardel fece esattamente questo, raccogliendo un pallone invitante nel cuore dell’area madrilena.

Braccia larghe come ad accogliere il mondo intero, esultanza sfrenata, Galatasaray batte Real Madrid.

Liverpool – Alaves 5-4, Coppa UEFA 2000-2001

Nonostante tutto.

Nonostante un match giocato sul filo dell’escalation emotiva. Mancava davvero poco al fischio finale, quando Jordi Cruijff si trova estraneo in un nugolo di omini in casacca rossa, salvo colpire di testa senza che nessuno intercetti il suo tentativo. L’Alaves pareggia, quattro a quattro, ad un alito di vento dal novantesimo.

I tempi supplementari si preannunciano incandescenti dal punto di vista tattico, con la spada di Damocle pronta a trafiggere il capo del malcapitato sconfitto.

L’Alaves crolla alla distanza, rimanendo in nove uomini, a causa dell’espulsione di Magno prima, di Antonio Karmona poi.

Eupalla sembra far viaggiare il match verso i calci di rigore, ma la dea che muove l’amato pallone evita lo stesso finale per due anni di seguito, troppa violenza emotiva prolungata, meglio un colpo secco, magari un’autorete. Minuto 117, Gary McAllister si incarica di battere un calcio di punizione dalla sinistra, la palla viene colpita docilmente, Delfi Geli va per anticipare tutti, ma il suo colpo di testa finisce alle spalle di Martin Herrera. I giocatori dell’Alaves cadono sfiniti, il Liverpool torna ad alzare la Coppa UEFA dopo venticinque anni. Gerard Houllier è riuscito a portare, nella bacheca i Reds, il primo trofeo internazionale post Heysel.

Svezia – Senegal 1-2, Coppa del Mondo 2002

Non si trattava di sorpresa, ma di splendida e tangibile realtà.

Il Senegal allenato da Bruno Metsu, dopo aver eliminato la Francia campione d’Europa e del Mondo, sfida la Svezia, a sua volta castigatrice dell’Argentina, altra seria candidata alla vittoria. Un confronto tra outsider che possiedono le capacità per distruggere le convenzioni, per dar vita ad una partita che potrebbe segnare il destino dei rispettivi movimenti.

Senegal – Svezia non può non essere decisa oltre il novantesimo, è una partita dai risvolti troppo accattivanti, per poter terminare nei tempi regolamentari.

Magnus Svensson, dopo appena cinque giri d’orologio, vortica con leggiadria il proprio passo in una ruleta, stampando poi l’urlo di tripudio di un popolo intero sul palo.

Troppo ben di Eupalla sprecato.

Al crepuscolo del primo tempo, Henri Camara si lancia di un groviglio di gambe avversarie e di cuori appassionati, la sua andatura è spigliata, al pallone concede solo carezze, fino al colpo mortale, riuscito di sbieco, con il quale il Senegal approda ad un quarto di finale indimenticabile.

Gioia, danze, abbracci. Il Senegal è in estasi, la Svezia può giustamente piangere lacrime di sconforto.


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Fonte foto di copertina: Twitter Champions League, https://twitter.com/ChampionsLeague/status/636148524107833346?s=20

Di Luigi Della Penna

Classe 1996, mi definisco un cacciatore di storie e un mendicante di emozioni. Il calcio è vita, ma un'esistenza senza football non sarebbe la stessa cosa.

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