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Il Golden gol in dieci atti (prima parte)

Il golden gol, uno dei cambiamenti più discussi nella storia del Gioco, entrò a gamba tesa negli anni Novanta, segnando un’epoca.

Arrivò il golden gol e il mondo del calcio non fu più lo stesso.

Siamo al principio degli anni Novanta e il mondo del calcio freme alla ricerca del cambiamento. L’opinione generalmente più diffusa vorrebbe il football in fase di stagnazione, vuoi per diverse partite dei Mondiali italiani, vuoi per alcune sfide, come la finale di Coppa dei Campioni 1991 tra Stella Rossa e Marsiglia. Urge un cambiamento che renda il calcio più veloce e spettacolare, soprattutto per quanto riguarda le competizioni internazionali e, soprattutto, lo “spettacolo” televisivo. Non importa se il Milan di Arrigo Sacchi sia ancora vivido nell’immaginario collettivo, urge eliminare tutto quel che intacchi lo show: nel 1992 viene abolito il tocco con le mani del portiere su retropassaggio di un compagno. Arrivano gradualmente diversi accorgimenti, legati al numero delle sostituzioni o all’utilizzo della lavagna luminosa per segnalare il recupero.

Giusto o meno che fosse, l’emisfero pallonaro doveva adeguarsi ai tempi che correvano: fisiologicamente, il mondo, non solo il calcio, stava marciando pesantemente verso un punto di svolta, fatto di velocità, ulteriore sforzo fisico da parte degli atleti, bellezza da vedere e da vendere.

Urgeva poter rendere ancora più appetibile il piatto da servire.

Tra tante idee, però, viene pescata proprio la lama a doppio taglio: il golden gol, il cui debutto porta la data del 1993. Ne parleremo. Per chi non sapesse cosa fosse, in poche parole, una volta giunti ai supplementari, vinceva chi avesse segnato per primo. Lo scopo era annullare ogni sorta di tattica volta all’annientamento del gioco avversario: giocare, giocare sempre a testa alta, ma a che prezzo, se non un filo emotivamente instabile, pronto a far deragliare il treno della storia?

Dieci atti per rivivere gioie immense ed altrettanti infiniti drammi. Dipende dalla parte della barricata in cui vi siate trovati in quegli istanti.

Germania – Repubblica Ceca 2-1, Euro 1996

Il concetto di rivincita viene spesso abusato da noi parolieri amanti dello sport e delle pellicole a tema, ma, fidati caro lettore, quella di Oliver Bierhoff è la vicenda giusta per rievocarne l’essenza. Due presenze nelle prime partite del torneo, poi il vuoto, con la panchina come sede del proprio viaggio, almeno fino al 69′ della finale contro la Repubblica Ceca.

Il cielo di Wembley come tetto, un pallone che rotola come riscatto.

Entrato in campo, gli ci vogliono quattro giri d’orologio per segnare ed incidere il proprio nome nella storia della nazionale tedesca.

Ora la Germania è lì e spodestarla sarà impossibile.

Tempi supplementari, aleggia lo spettro del golden gol. Quinto di gioco, la selezione di Berti Vogts attacca, Jurgen Klinsmann difende il possesso nell’area ceca, porge un pallone stanco a Bierhoff, spalle alla porta.

Oliver si gira, calcia, un tocco fortuito cambia la traiettoria del fato, Petr Kouba è goffo nell’intervento con le mani. La Germania è campione d’Europa. Oliver ce l’ha fatta.

Il Golden gol ha mietuto la prima vittima.

Francia – Paraguay 1-0, Mondiali 1998

Cesare Maldini e la sua arte della difesa dovettero inchinarsi al volere transalpino.

Accadde tutto in un pomeriggio di fine giugno del 1998, quando la selezione di casa incontra la formazione capitanata dal monumentale Josè Luis Chilavert, autore di diversi interventi da applausi e ricchi di spunti per la prosa calcistica nei secoli dei secoli.

La Francia mena la propria danza, il Paraguay resiste. Thierry Henry colpisce il palo sul finire del primo tempo, dopo una corsa esaltante, a Chilavert battuto. Non basta il fosforo e la superiorità tecnica per distruggere i sudamericani. Il pubblico di Lens rumoreggia, un paese intero attende la tanto sognata Coppa del Mondo, la prima. Nel 1993 Laurent Blanc e Didier Deschamps vissero la cocente sconfitta, contro la Bulgaria, che estromise i transalpini dai Mondiali americani. Non sarebbe successo di nuovo, non davanti al loro pubblico.

I supplementari hanno inizio, ma il risultato non si sblocca. Davanti a Chilavert è un delirio di corpi che si aggrovigliano per un pallone, fino al 114′, quando Laurent Blanc, servito da David Trezeguet, scaraventa il pallone in rete.

I paraguaiani crollano a terra, stremati.

La Francia sogna.

Italia – Francia 1-2, Euro 2000

Come si fa a non piangere, pensando a quegli istanti?

Tralasciando i sentimentalismi, espressi da chi, come il sottoscritto, ha vissuto solo attraverso i racconti quegli istanti, se, al momento della mazzata sotto la traversa di Trezeguet, il famigerato Millennium bug fosse arrivato, in Italia non sarebbe importato praticamente a nessuno.

La nazionale di Dino Zoff, dopo aver aggiornato il significato del termine coriaceo, in semifinale contro l’Olanda, arriva all’atto conclusivo, contro la Francia, con quieto ottimismo. Quando Marco Del Vecchio porta in vantaggio gli Azzurri, qualcuno già pregusta la vittoria, senza fare i conti con la politica del fato, o più semplicemente, dell’errore umano.

Sylvain Wiltord segna ad un niente dal trionfo italiano, David Trezeguet ai supplementari indossa la tunica del boia e con la sua mannaia gioca un brusco tiro mancino all’affranto Francesco Toldo. Maledetta Rotterdam.

Italia – Corea del Sud 1-2, Mondiali 2002

Quella Coppa del Mondo, giocata in Corea del Sud e in Giappone nel 2002, è ancora oggi argomento di discussione, tra complotti ed errori gravi. Un capro espiatorio perfetto. Lungi dal voler avere la verità assoluta in tasca, quella partita si divide tra mancate segnalazioni arbitrali ed errori tecnici dei giocatori italiani, con la Corea che, sorniona, attendeva il momento propizio per sfoderare il gesto tecnico risolutivo.

Sorvolando sulle polemiche di carattere etico, nate in quei caotici giorni di inizio millennio, quel gol di Ahn è importante per diverse ragioni: primo, pose fine alla carriera azzurra di Paolo Maldini; secondo, portava in carrozza la Corea del Sud alla sua prima apparizione in un quarto di finale della Coppa del Mondo; terzo, tutti si resero conto di quanto quella nazionale, guidata da Giovanni Trapattoni, non mostrasse un calcio armonioso. Ahn perse il posto al Perugia, a causa del becerume dell’antisportività nostrana.

Francia – Camerun 1-0, Confederations Cup 2003

Tutti insieme nel nome di un fratello. Marc Vivien Foé, durante la semifinale tra il suo Camerun e la Colombia, si accasciò, per sempre.

Con il dolore nel cuore e nell’anima, i suoi compagni disputarono la finale contro la Francia padrona di casa con il piglio di chi deve onorare la memoria di un compagno. I giocatori francesi mostrarono tutta la propria vicinanza.

Un match vibrante, risolto dal golden gol di Henry, con un colpo impercettibile, ma il risultato contava poco: l’onore dello sport e dei suoi interpreti era salvo e la memoria di Foé integra, per sempre.

Fine prima parte.


Per Sottoporta, tutto il meglio del calcio internazionale: Tutti hanno visto giocare El Trinche Carlovich

Fonte foto di copertina: Goal.com, https://www.goal.com/ar/%D8%A7%D9%84%D9%82%D9%88%D8%A7%D8%A6%D9%85/%D8%AD%D8%A7%D8%AC%D9%8A-%D8%AF%D9%8A%D9%88%D9%81-%D9%88%D8%A3%D8%B3%D8%A7%D9%85%D9%88%D8%A7%D9%87-%D8%AC%D9%8A%D8%A7%D9%86-%D9%88%D8%A3%D8%A8%D8%B1%D8%B2-%D9%86%D8%AC%D9%88%D9%85-%D9%83%D8%A3%D8%B3-%D8%A7%D9%84%D8%B9%D8%A7%D9%84%D9%85-%D8%A7%D9%84%D9%88%D8%A7%D8%AD%D8%AF%D8%A9/17ripl76hrd271na4wz63s5ggq

Di Luigi Della Penna

Classe 1996, mi definisco un cacciatore di storie e un mendicante di emozioni. Il calcio è vita, ma un'esistenza senza football non sarebbe la stessa cosa.

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