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La Svezia e il suo calcio poco propositivo ma efficace

La Svezia si è qualificata prima nel suo girone, davanti alla Spagna. Tante critiche per il gioco espresso, ma per gli scandinavi alla fine conta solo il risultato.

Ibrahimovic non occorre a questa Svezia. Possiamo affermare che, anzi, senza di lui la Nazionale in questione abbia raggiunto buonissimi risultati: qualificazione ai Mondiali del 2018, con annessa eliminazione dell’Italia, e quarti di finale raggiunti in terra di Russia, dopo aver eliminato la Svizzera agli ottavi, centrando così il miglior risultato dai tempi della semifinale del Mondiale 1994. Per dire, quella di Kennet Andersson, Brolin e Dahlin.

Euro 2020

A questi Europei itineranti, la formazione del C.T. Janne Andersson sta dimostrando di essere una delle compagini più interessanti e sottovalutate. Il loro 4-4-2 classico ha una buona difesa ed un centrocampo che vive di azioni travolgenti sulle fasce, con un Forsberg decisamente in forma. In più c’è lo juventino Kulusevski, che al suo esordio, contro la Polonia, ha fornito due assist di pregevole fattura.

La Svezia, inoltre, può contare su altre due note liete. Uno è il bistrattato Olsen, uno dei portieri migliori fino a questo momento, ha regalato un paio di perle di reattività tra i pali.

In attacco invece sta facendo il bello e il cattivo tempo uno dei giocatori più belli da vedere di questa manifestazione, quell’Isak che ha mandato ai matti la Slovacchia, con finte, tocchi illuminanti, giocate di classe, fino a guadagnare il calcio di rigore risultato decisivo. Dopo due buone annate alla Real Sociedad, Isak sta dimostrando di valere a pieni voti il posto da titolare nella Svezia.

Il fine giustifica i mezzi

Gli scandinavi sono finiti in una parte di tabellone favorevole, anche se l’ostacolo Ucraina, un po’ acerba ma piena di talento, non è da sottovalutare. La Svezia, dalla sua, possiede una buona organizzazione tattica giocando un calcio fluido e preciso, incasellato in quel 4-4-2 che non ingabbia i suoi interpreti, ma concede loro organizzazione e solidità. Certo, manca un centrocampista centrale di rilievo, anche se Olsson ed Ekdal garantiscono un buon rendimento.

Uno dei pochi punti fragili e sofferenti della Svezia può essere la fase difensiva, soprattutto quando le azioni avversarie arrivano dalle fasce, come in occasione del match contro la Spagna. Un match che ha visto prevalere le Furie Iberiche sulla Svezia in molte statistiche: possesso palla all’85%, 17 tiri totali a 4, 29 cross tentati a 4, 917 passaggi a 162, il 90% di precisione dei passaggi contro il 55% svedese. Ma alla fine la Svezia, con ben 21 intercetti e 37 salvataggi è riuscita a strappare un pareggio fondamentale per il primo posto finale. Ci mettono cuore, grinta, vanno su tutti i palloni, e non si concedono disattenzioni: così si compensa il divario tecnico con le big d’Europa e del Mondo.

I Blågult sono stati aspramente criticati per il loro stile di gioco: un po’ troppo rinunciatario, catenacciaro e poco propositivo. “La gente può criticare quanto vuole, ognuno deve avere la sua opinione, ma noi così abbiamo ottenuto un punto contro la Spagna“. Bastano queste parole del capitano Sebastian Larsson per capire il DNA della squadra di Andersson e della cultura svedese calcistica.

Sono l’anticalcio? Sicuramente hanno poco a che fare con il “bel gioco” ormai ricercato e richiesto negli ultimi anni da tifosi e media. Quando c’è da attaccare si attacca, ma non è la priorità assoluta, si deve ragionare. Di certo il CT Andersson prepara meticolosamente le partite, soprattutto in base all’avversario, e fin quando i risultati sono a favore, inutile cercare di criticare qualcosa di così efficace. Anche perché il calcio ha mille sfumature, e anche il validissimo stile svedese fa parte di ciò. Il calcio non è una scienza esatta e lo sappiamo. Il pallone è rotondo e lo sappiamo. Le variabili in questo gioco sono tante e può succedere qualunque cosa in questo Europeo. Occhio quindi alla solida Svezia di Janne Andersson e i suoi soldati nordici.


Su Sottoporta, tutto il meglio del calcio internazionale: Beck, appunti sull’Europeo – 1

Fonte immagine di copertina: Instagram Emil Forsberg

Di Luigi Della Penna

Classe 1996, mi definisco un cacciatore di storie e un mendicante di emozioni. Il calcio è vita, ma un'esistenza senza football non sarebbe la stessa cosa.

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