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Quando la Germania Est conquistò l’Ovest

Storia di quel fugace giorno di giugno in cui la Germania Est abbatté il muro dell’Ovest. E tu dov’eri quando Sparwasser segnò il gol?

Il mondo dello sport è pieno di storie significative, rimaste impresse nella memoria collettiva, incastonate tra la narrativa e l’epica. Il destino si diverte ad intrecciare le storie non solo di singoli atleti, ma addirittura di popoli interi. Sono storie di redenzione, di rivincita, di riscatto. Ogni sport ne ha almeno una. I tre secondi più lunghi della storia del basket nella finale di Monaco ’72. Oppure il Miracolo sul ghiaccio del 1980, la finale di hockey più famosa della storia. In entrambe le occasioni sono stati protagonisti Stati Uniti e Unione Sovietica: due visioni radicalmente opposte non solo dell’economia, della politica o della società, ma anche dello sport. Questo genere di storie abbonda nelle pagine di storia del calcio e tante di queste riguardano quell’intricato puzzle di avvenimenti che fu la Guerra Fredda.

Probabilmente, il Weltmeisterschaft del 1974 offrì il maggior numero di tasselli, di prove su quanto calda fosse quella guerra combattuta non sui campi di battaglia, ma su quelli ideologici, del pensiero, oppure su quelli da calcio. Non possiamo non menzionare il surreale spareggio che coinvolse Cile e URSS, pagina sporcata da un calcio imbruttito dagli eventi storici recenti. A Santiago l’11 settembre 1973 cadde Salvator Allende, presidente cileno democraticamente eletto, e salì al potere il generale Augusto Pinochet.

Nella capitale andina cadde anche l’Unione Sovietica, la quale aveva rotto, nel frattempo, ogni relazione diplomatica con i sudamericani. I sovietici eradicarono qualsiasi testimonianza del match d’andata, uno scialbo 0-0, e rifiutarono di partecipare alla partita di ritorno. Il Cile scese ugualmente in campo e, davanti a 18.000 spettatori, si qualificò al Mondiale, vincendo 1-0 in quella che sarebbe passata alla storia come “la vergogna di Santiago”. Ciò che rende ancora più tragico uno dei gol più famosi e ignobili della storia del calcio fu conoscerne i due protagonisti: Carlos Caszely e il capitano Francisco “Chamaco” Valdés, giocatori spiccatamente di sinistra e futuri antagonisti del regime di Pinochet.

Con tale prologo, sarebbe stato facile aspettarsi partite così complicate. Eppure il sorteggio del Gruppo 1 avrebbe stupito tutti, regalando una sfida totalmente inaspettata. Il 22 giugno 1974 il Volksparkstadion di Amburgo avrebbe ospitato Germania Ovest-Germania Est, il primo derby ufficiale tra le due Germanie.

C’era già stato un precedente

Sul rettangolo verde Germania Ovest e Germania Est avevano già avuto modo due anni prima di incontrarsi, durante i Giochi della XX Olimpiade in una Monaco di Baviera blindatissima. Davanti ad 80.000 spettatori, in un clima irreale, le due nazionali diedero vita ad un match avvincente e in equilibrio fino ad otto minuti dal triplice fischio, quando Vogel, di testa, firmò il 2-3 finale della DDR sui cugini dell’Ovest. Era l’8 settembre 1972, due giorni prima era avvenuto il massacro di Monaco.

Undici atleti israeliani e due poliziotti tedeschi vennero uccisi da un commando di terroristi palestinesi. Il sangue marchiò la memoria di quelle Olimpiadi, piegate anch’esse alle laceranti lotte che stavano sconquassando il Medio Oriente. Probabilmente quella vittoria dell’Est non ebbe sufficiente risonanza, non abbastanza fama, dato che il destino avrebbe aspettato due anni prima di offrire all’altare della storia, nuovamente, quella partita. Una partita non combattuta in 90 minuti da 22 giocatori, ma da due popoli della stessa nazione da quasi trent’anni.

Un Mondiale con diverse sorprese

Il Mondiale dei Mondiali, l’edizione che avrebbe dovuto suggellare la grandeur teutonica agli occhi del mondo, presentò tante novità. Mancano i vice-campioni d’Europa dell’Unione Sovietica e mancano incredibilmente gli inglesi, sconfitti da una straordinaria Polonia che farà tanta strada nel 1974. Nel Gruppo 1, quello della Germania Ovest, sono presenti due esordienti: la Germania Est e l’Australia. Esordio anche per Haiti e per la prima nazionale dell’Africa nera, lo Zaire. Piacevole sorpresa è il ritorno dell’Olanda, assente dal 1966. Ad Hannover il 15 giugno, giorno della prima partita degli olandesi, le lancette del calcio si fermarono per 90 minuti. L’Olanda vinse 2-0 sull’Uruguay e stravolse per sempre non solo il modo di giocare, ma persino il modo di rapportarsi con il pallone. Il mondo conobbe per la prima volta il totaalvoetbal, il calcio totale olandese, e se ne sarebbe subito innamorato.

La Germania Ovest comodamente si assicura il passaggio al turno successivo con due vittorie. La Germania Est batte l’Australia e si fa fermare sull’1-1 dal Cile. Basta un pareggio ad entrambe le Germanie per avanzare al turno successivo. Ma è davvero possibile aspettarsi un pareggio da una partita del genere?

Arriva il 22 giugno

Più che ad un match, gli oltre 60.000 spettatori presenti al Volkspartstadion di Amburgo sembra che stiano assistendo ad una resa dei conti. Uno spareggio che non vale solo il passaggio del turno, ma un intero capitolo di storia che si stava drammaticamente consumando in quegli anni. La Germania Ovest è nettamente favorita. Pur senza aver entusiasmato, gioca un ottimo calcio e ha ottimi giocatori in ciascun reparto. Può permettersi di lasciare in panchina Günter Netzer, uno dei giocatori più forti al mondo e anima del Borussia Mönchengladbach. In campo ha Sepp Maier, Uli Hoeneß, Paul Breitner e quello sgraziato numero 13 che trasformava ogni azione in gol, Gerd Müller. In più, i tedeschi dell’Ovest avevano un’arma unica, decisiva: il capitano, il Kaiser Franz Beckenbauer, uno dei tre difensori più forti della storia.

La Germania Est, invece, non disponeva di grandi individualità. La maggior parte dei calciatori sono dilettanti e da quelle parti, solitamente, chi riusciva a sfondare tentava di emigrare ad Ovest. Ma la Germania Est, per vincere, non ha mai avuto bisogno dell’estro individuale. La DDR non ha raccolto 500 medaglie olimpiche puntando sull’abilità dei singoli, ma sulla forza del collettivo. A detta di chiunque l’avesse affrontata, quella era una nazionale estremamente solida e determinata, una squadra che non mollava mai e che rendeva sempre la vita difficile agli avversari.

Il copione della partita risulta da subito prevedibile. La Germania Ovest, dotata di maggior talento, ha il controllo del gioco. La Germania Est, più coriacea del solito, si difende con ordine e lascia poco spazio ai cugini. Anzi, più volte si rende pericolosa in contropiede, senza trovare, però, il gol del vantaggio. La partita regala una grande occasione per tempo e per parte. Al minuto 39 la Germania Ovest costruisce con Müller il pericolo maggiore, ma il numero 13 prende il palo. Al minuto 75, invece, tocca a Jürgen Sparwasser tentare di sbloccare la partita.

Dov’eri quando Sparwasser segnò il gol?

Non si sa come definire il destino in certe situazioni, se ironico o cinico. Si sa solo che esso non è né di destra né di sinistra e non bada a queste sottigliezze. In più, spesso si riserva il lusso di lasciare che un uomo qualunque riscriva la storia. Basta un semplice gesto: un passaggio in profondità, un inserimento con i tempi giusti, un gol. Sono le storie di riscatto umano che ci danno speranza, che ci rassicurano, che ci lasciano pensare che tutti noi, se al posto giusto e al momento giusto, possiamo lasciare una traccia del nostro passaggio.

Prima di questo derby, Jürgen Sparwasser era un giocatore come tanti in Germania Est. Mezz’ala del Magdeburg, con cui aveva appena vinto la Coppa delle Coppe contro il Milan, all’evenienza punta, avrebbe concluso la sua carriera cinque anni più tardi con 147 gol in quasi 250 partite tra club e nazionale.

Il portiere Croy allarga il gioco sulla fascia destra. Il neoentrato Hamann controlla il pallone, avanza e tenta di innescare Sparwasser, che si era inserito tra le maglie bianche della difesa dell’Ovest. I dieci secondi successivi sono stati i più lunghi e intensi della storia della Germania Est.

Sparwasser accalappiò il pallone con la sua testa, se lo portò sui suoi piedi, corse di fronte al tenace Vogts e, lasciandosi persino Höttges dietro, lo piantò alle spalle di Maier in rete.

Günter Grass, premio Nobel per la letteratura nel 1999 e tifoso accanito del St. Pauli

La Germania Est era passata in vantaggio. Una parte del Volkspartstadion esplode in un tripudio di esultanze e festeggiamenti. Sparwasser, incredulo, abbozza goffamente una capriola, prima di essere travolto dalle divise blu dei suoi compagni di squadra. “Non è successo niente!” urla Beckenbauer, “non è successo niente!“. La Germania Ovest si butta in avanti disperatamente alla ricerca del pareggio, mentre ad Amburgo giunse come spettatore anche il silenzio assordante dei tifosi di casa. I minuti finali si trasformano in un assedio, ma i ragazzi dell’Est resistono caparbiamente e provano a far male in contropiede.

Quando l’arbitro Barreto fischiò la fine della partita, era chiaro a tutti che un pezzo indelebile di storia era stato scritto. La Germania Est aveva vinto 1-0 ed era passata in testa al girone. La Germania Est aveva abbattuto il muro della Germania Ovest. I dilettanti, coloro che erano stati scartati da altre discipline più consone come l’atletica leggera, avevano battuto i ricchi cugini professionisti.

Al minuto 1 comincia la magia…

Germania Est: risorti dalle rovine

Auferstanden aus Ruinen, “Risorti dalle rovine“. Era questo l’inno della Germania Est, nonché quel canto che migliaia di tifosi, muniti di un pass speciale rilasciato dal governo comunista proprio per questa partita, intonarono prima del fischio d’inizio. Risorti dalle rovine è un’ottima espressione che può descrivere in maniera autentica quanto vissuto dalla Germania Est in quel pomeriggio e durante l’intero arco della sua storia. Quell’1-0 fu l’ultimo successo ai Mondiali. Nel turno successivo la DDR finì in un girone proibitivo con Olanda, Brasile e Argentina. La BDR conquistò il Mondiale la sera di quel 22 giugno, nel giorno più buio della sua storia sportiva, quando Beckenbauer si caricò sulle spalle quel gruppo di calciatori e lo trasformò nella squadra che avrebbe vinto tutte le restanti partite, compresa la finale del 7 luglio contro l’Olanda.

La Germania Est non riuscì più a qualificarsi per un Mondiale. Sfiorò la qualificazione in due occasioni, nel 1978 e nel 1986, venendo eliminata per un solo punto. Quel caldo pomeriggio sull’Elba rappresentò il punto più alto della DDR e di tanti giocatori della sua nazionale. Lo stesso Sparwasser, nuovo idolo del paese, si ritrovò avvolto in una notorietà che non si addiceva ad una persona riservata come lui. Il suo gol rappresentò un fulgido bagliore nella storia della DDR, uno dei momenti in cui effettivamente questa risorse dalle rovine. E tra gli Ossis, come erano chiamati ad Ovest i cugini al di là del muro, quando si incontrava una persona dopo tanto tempo, si era soliti chiedere: “E tu dov’eri quando Sparwasser segnò il gol?”


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Foto di copertina tratta da: taz.de

Di Matteo Cipollone

Sempre alla ricerca di una storia particolare da raccontare, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da scoprire. Amo studiare storia e rimango affascinato da quello che essa ci offre. Accumulo libri e talvolta li leggo pure. Unisco due belle passioni: il calcio e la scrittura.

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