Categorie
Storytime

Fashanu, l’omofobia uccide

L’omosessualità nel calcio è ancora un tabù. La storia di Justin Fashanu, primo calciatore a fare coming out, ci insegna che si può e si deve fare di più.

Nelle settimane dell’Europeo si è molto discusso di omofobia e della legge ungherese a riguardo, anche in relazione alla posizione della UEFA. Il 22 giugno scorso il massimo organo calcistico europeo ha difatti negato la possibilità di illuminare l’Allianz Arena di Monaco di Baviera con i colori dell’arcobaleno, in sostegno alla comunità LGBT+. Il calcio dovrebbe essere un importante veicolo di idee mirate all’uguaglianza, al rispetto e all’inclusione. Nonostante ciò – e non solo all’interno del mondo pallonaro – l’omosessualità continua ad essere un argomento molto scottante. Justin Fashanu lo ha provato sulla propria pelle: la sua sofferenza non deve essere dimenticata, il suo grido d’aiuto non può restare inascoltato.

Fashanu Brothers

Justin Fashanu nasce il 19 febbraio 1961 a Londra, figlio di un avvocato nigeriano e madre guyanese. Il matrimonio però si conclude presto: Justin viene prima affidato ad un orfanotrofio ed in seguito, quando avrà sei anni, cresciuto da una famiglia residente nella contea del Norfolk. Justin non è da solo, con lui vive suo fratello John, di un anno più giovane. I due crescono insieme con il pallone fra i piedi, pronti per conquistarsi un futuro più luminoso di quanto non sia stata la loro infanzia.

John Fashanu Justin Fashanu
John e Justin, insieme al padre affidatario. (Fonte immagine: The Guardian)

John è senza dubbio più conosciuto in Italia rispetto al fratello, specie da chi è cresciuto negli anni ’90. Il motivo è piuttosto banale e va ricercato nel famoso programma televisivo Mai dire Gol. Sfondo dei teatrini comici di Teo Teocoli e della Gialappa’s Band erano i tragicomici errori commessi sotto porta dalla Personcina, come l’aveva ribattezzato Teocoli stesso. Il destino aveva invece in serbo per Justin un epilogo che fu solamente tragico.

A 15 anni Justin è una promessa della boxe, ma il richiamo del calcio è fortissimo, dunque si accasa nelle giovanili del Norwich. Ovviamente in compagnia di John. Niente sembra poterli separare. Niente, tranne i diversi orientamenti sessuali. Sarà proprio questo il motivo della dolorosa frattura che, negli anni a venire, si crea fra i due.

Esplosione

Justin, in seguito ad un breve trascorso nel vivaio dei Canaries, entra a far parte in pianta stabile della prima squadra a soli 17 anni. A suon di gol si conquista la titolarità, sino a raggiungere quello che probabilmente è stato il punto più alto della sua carriera. Nel febbraio 1980, difatti, appone la propria firma in una partita al cardiopalma contro il Liverpool, persa 5-3. Questa rete verrà votata dalla BBC come gol dell’anno: Fashanu è sulla bocca di tutti e sembra avere un futuro brillante davanti a sé.

Il “gol dell’anno” siglato da Fashanu, febbraio 1980 (fonte: Profilo Youtube Norwich City)

Dopo oltre 100 presenze e 40 gol con il Norwich, retrcesso in Second Division, Fash giunge a vestire la maglia del Nottingham Forest. Il trasferimento suscita inevitabilmente clamore: è il primo calciatore di colore ad essere acquistato per la cifra – un record per l’epoca – di un milione di sterline.

Justin è stato fortemente voluto da Brian Clough, il deus ex machina dei Garibaldi Reds. Sceglie la numero 9, una maglia pesante, lasciata in eredità da Trevor Francis, calciatore che ha avuto anche un passato in Italia: alla Sampdoria prima, all’Atalanta poi.

Chi mastica un po’ di calcio inglese sa bene che Clough non è stato un personaggio semplice da gestire: carattere fumantino, scostante, quasi intrattabile. Se Fashanu è finito in una spirale senza ritorno qualche colpa va senza dubbio addossata anche al suo allenatore. Un esempio della personalità di Clough è dato dalla sua invettiva contro la stampa italiana, in seguito ad una sconfitta contro la Juventus in Coppa dei Campioni. Furibondo per gli episodi che determinarono la vittoria bianconera nella semifinale d’andata del 1973 contro il suo Derby County, nonostante avesse ammesso la superiorità della Juve, disse:

Non parlerò con voi, non voglio parlare con nessun bastardo imbroglione!

La dimostrazione che Clough non digerì il 3-1 di Torino

Ozymandias

A Nottingham, ad appena vent’anni, iniziano i guai per Fashanu: il rapporto con Clough è tutt’altro che idilliaco e fuori dal campo si fanno insistenti le voci della sua omosessualità. Justin è fidanzato con una ragazza, ma la sera viene visto frequentare locali gay. Il suo allenatore, uomo tutto d’un pezzo, va su tutte le furie. Non riesce ad accettare che nella sua squadra ci sia un “fot*uto finoc*hio“.

La storia è simile anche durante le partite. Gli stadi sono infatti popolati da chi, non sapendo accettare la diversità altrui, si distingue per comportamenti a dir poco incivili. Così il povero Justin viene accolto dai tifosi avversari con parole tutt’altro che piacevoli. È “neg*o“, lo sa. Adesso è pure “fro*io“. Giù insulti ed anche banane. I risultati in campo ne risentono, e Fashanu con i Forest colleziona 32 presenze condite dalla miseria di 3 reti.

Brian Clough ne ha abbastanza. Justin finisce in prestito al Southampton, dove resterà appena due mesi: 3 gol in nove apparizioni. Dopodiché l’attaccante fa ritorno al Forest per poche settimane, prima di cambiare squadra ma non città. Il Notts County offre 150.000 sterline e se lo aggiudica. Sono bastati 18 mesi e una serie infinita di pettegolezzi per abbassare di quasi sette volte il valore di Fashanu.

“Il mio nome è Ozymandias, re di tutti i re,

Ammirate, Voi Potenti, la mia opera e disperate!”

Null’altro rimane. Intorno alle rovine

Di quel rudere colossale, spoglie e sterminate,

Le piatte sabbie solitarie si estendono oltre confine.

Anche i più grandi affrontano un declino. (Tratto da “Ozymandias”, P.B. Shelley)

Implosione

Con la maglia delle gazze Fashanu sembra finalmente tornato più sereno. Mette a segno 20 gol in 64 gare – è solo l’ultima scintilla di una carriera tormentata – poi nuovamente il buio. Un infortunio al ginocchio e la lunga convalescenza lo portano verso l’abisso. Da qui in avanti la carriera di Fash sarà come la sua vita, sia calcistica che privata: senza pace. Un lungo peregrinare fra Regno Unito, USA e Canada, segno dell’irrequietezza interiore di chi si è trovato emarginato.

Nel 1990 si trova costretto ad accettare la proposta del Southall, team dilettantistico, per il ruolo di allenatore-giocatore. Ha solo 29 anni, ma sa che il treno giusto difficilmente passerà. Justin probabilmente pensa di non avere nient’altro da perdere, così si libera di un peso non indifferente ed ammette, tramite una confessione al Sun, la propria omosessualità.

Fashanu Sun
La confessione di Fashanu sulla prima pagina del Sun (Fonte immagine: The Sun)

Fashanu vuole squarciare il velo dell’ipocrisia che lo circonda. Il tentativo è lodevole ma il risultato è tragico. Justin viene ulteriormente emarginato, non più dal “solo” mondo del calcio, ma anche dalla Chiesa Evangelica – alla quale si era avvicinato in precedenza – e l’intera comunità nera. È visto come una vergogna da tutti, compreso John. Quest’ultimo, rimasto a lungo nell’ombra del “fratello forte”, getta fango su chi ha già sofferto molto pur di guadagnare un pizzico di popolarità agli occhi dell’opinione pubblica. Justin, al contrario, resta intrappolato in una spirale di sofferenza.

Il coming out, come detto, non porta niente di positivo: il vorticoso cambio di squadre non si esaurisce, affiancato dai continui gossip che circolano su Justin. I giornali scandalistici incontrano il suo agente per ottenere rivelazioni su presunti rapporti sessuali fra Fashanu ed alcuni politici. Potrebbe essere l’alba di un polverone. Potrebbe, ma così non sarà. Le vicende trattate si rivelano menzogne, inventate con il solo scopo di estorcere soldi ai tabloid britannici.

Hell on Earth

I ain’t gotta tell you,

It’s right in front of your eyes

Ayo, it’s Hell on Earth

Un estratto di “Hell on Earth” dei Mobb Deep, 1996

Nel 1997 Fash ne ha abbastanza del calcio giocato e così, dopo una carriera tormentata, appende gli scarpini al chiodo. Il Maryland Mania gli offre la panchina e lui accetta di buon grado. La dirigenza è felice e l’ex attaccante si gode – finalmente – un po’ di serenità: i risultati sono positivi e lui ha trovato un luogo in cui la sua sessualità non è un problema. Almeno per ora.

Le nubi si addensano presto, minacciando tempesta. Nel marzo 1998 un diciassettenne di nome Ashton Woods telefona alla polizia affermando di essersi svegliato nel letto di Fashanu dopo una notte segnata dai fumi dell’alcool e dal fumo della marijuana. Stando al racconto del giovane egli si sarebbe svegliato proprio mentre l’ex calciatore abusava di lui.

Justin è sorpreso, sa di non aver fatto niente di male e offre il massimo aiuto agli inquirenti che, dopo averlo interrogato, lo rilasciano. Il 3 aprile è il giorno stabilito per il test del DNA; quando la polizia si reca a casa Fashanu trova l’appartamento vuoto. Egli sa che il rischio di una condanna è elevato: innanzitutto ha reperito alcolici e marijuana ad un minorenne, ma non solo. Difatti nel Maryland il rapporto orale – anche fra coniugi e partner consenzienti – è considerato reato.

È un vero e proprio Inferno sulla Terra per lui, che torna in Inghilterra e prova in tutti i modi a ricontattare amici e parenti. Tutti gli voltano le spalle, compreso il suo agente, che ne aveva a lungo sfruttato l’immagine.

Shoreditch

La ferita più profonda, quella finale, la infligge di nuovo suo fratello. La sera del 2 maggio John riceve una chiamata, ma dall’altro capo non parla nessuno. Il fratello minore riconosce il respiro: è Justin. Un silenzio assordante riempie questi pochi secondi di telefonata, infine John riattacca. È l’ultima volta che i due avranno la possibilità di dirsi qualcosa. La mattina successiva Justin viene trovato morto in un garage nella zona di Shoreditch, impiccatosi con un cavo elettrico.

A fianco a lui si trova un biglietto, che recita:

Desidero dichiarare che non ho mai e poi mai stuprato quel giovane. Sì, abbiamo avuto un rapporto basato sul consenso reciproco, dopodiché la mattina lui mi ha chiesto denaro. Quando io ho risposto ‘no’, mi ha detto: ‘Aspetta e vedrai’.

Sperò che il Gesù che amo mi accolga: troverò la pace, infine.

Lo struggente biglietto d’addio

Indagini successive portano a galla la verità: Justin non ha mai stuprato il ragazzo, le cui ricostruzioni si rivelano fallaci. Egli sarebbe stato punito per aver violato la già citata legge del Maryland, quello è dato per certo, ma l’accusa più infamante sarebbe decaduta. Justin, però, se n’era andato una volta per tutte, bollato come un disonore per la famiglia e per la comunità nera.

He was my life and my shining light.

He became my arch enemy.

“Era la mia vita, il mio faro. Divenne il mio acerrimo nemico”

Con il passare del tempo, come dimostrato da un’intervista al The Guardian del maggio 2017, suo fratello John si è detto pentito del proprio comportamento.

L’eredità

A distanza di oltre trent’anni Justin Fashanu resta l’unico calciatore inglese ad aver ammesso la propria omosessualità. Non è però l’unico nel panorama internazionale: hanno fatto coming out – tra gli altri – il tedesco Thomas Hitzlsperger e l’ungherese Anton Hysén. Il numero si amplia se consideriamo tutti i vari sportivi, a cominciare dalla calciatrice statunitense Megan Rapinoe e l’allenatrice Carolina Morace, passando per il tuffatore britannico Tom Daley. Resta comunque un gruppetto molto esiguo, tanto che numerosi calciatori e numerose squadre hanno rilasciato dichiarazioni e comunicati ufficiali in cui denunciano la paura che molti tesserati provano nel fare outing e soprattutto delle reazioni che potrebbero avere i tifosi e molti loro colleghi.

Premier League LGBTQ+
Anche i piccoli gesti possono essere significativi (Fonte immagine: sito web ufficiale della Premier League)

Emarginato dal calcio dell’epoca, Justin Fashanu ha finalmente ricevuto giustizia. Nel 2017 è stato presentato un film documentario intitolato “Forbidden Games: The Justin Fashanu Story“, mentre Norwich e Nottingham Forest – le due società più importanti nella carriera di Fash – non indugiano nel tributare al loro ex attaccante il meritato rispetto.

Negli ultimi anni – sebbene il lavoro da compiere sia ancora molto – si sono moltiplicate le iniziative mirate all’integrazione e al rispetto. Oggi, difatti, qualcosa si è mosso: chi nel calcio inglese userà termini discriminatori quali “neg*o” o “finoc*hio” sarà punito con squalifiche record, sino a 19 giornate.

Secondo lo psicoanalista e scrittore Tobie Nathan la medicina più diffusa al mondo è la preghiera. A Justin Fashanu non è bastata: gli sarebbero serviti rispetto e comprensione. Negli anni ’80 e ’90 non li ha avuti, oggi speriamo proprio di sì affinché la sua sofferenza non venga dimenticata e il suo grido d’aiuto non resti inascoltato.


Su Sottoporta il meglio del calcio internazionale: Jamie Maclaren e lo scudetto del Melbourne City

Fonte immagine di copertina: www.goal.com

Di Matteo Giribaldi

Nasco a Genova il 22 aprile del 2000. A calcio non so giocare, così provo ad arbitrarlo e a raccontarlo. Potete trovarmi sveglio alle 3, mentre cerco che fine abbia fatto 'El Malaka' Martinez.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *