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Intervista a… Leandro Grimi

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Leandro Grimi. Una piacevole chiacchierata durante la quale abbiamo ripercorso la sua carriera professionistica approfondendone gli aspetti e le esperienze più significative.  

In Argentina è da poco cominciata la nuova edizione della Liga Profesional de Fútbol.  Tra i protagonisti ai nastri di partenza del campionato di Primera División non compare Leandro Grimi. L’ex terzino mancino di Milan e Sporting Lisbona ha deciso qualche mese fa di ritirarsi dal calcio giocato interrompendo quel “viaje hermoso” iniziato quasi vent’anni prima.

Un solo obiettivo: giocare a fútbol

Dall’Huracan all’Huracan, il percorso calcistico di Leandro ha un inizio e una fine comune.

Quali sono state le tue esperienze calcistiche prima di arrivare al Globo?

“Prima di arrivare a giocare all’Huracan ho vissuto momenti pieni di gioia e felicità. Il sogno di diventare calciatore era ovviamente al centro di tutto. Fin da piccolo ho sempre lavorato per realizzarlo. Sognavo di giocare davanti a tantissima gente e di rendere la mia famiglia orgogliosa per questo. L’unico obiettivo era quello di diventare un giocatore professionista”.

Come per tanti tuoi colleghi ad un certo punto anche per te arrivò il momento di lasciare gli affetti più cari per tentare il grande salto. Cosa passa nella mente di un ragazzo in quei momenti?

“Per me quel momento arrivò nel 2002. Il fine di diventare calciatore era sempre fisso nella mia mente. A diciassette anni lasciai casa dei miei genitori facendo così un passo in avanti verso il perseguimento di quell’obiettivo. Il cambio di vita non fu semplice. Da San Lorenzo, piccola cittadina della provincia santafesina, andai a Buenos Aires, una delle città più importanti del mondo.”

Il calcio però non rappresentava l’unico impegno. Mia madre mi ha sempre fatto capire quanto fosse importante terminare la scuola. L’unico momento libero per studiare era la notte. Di giorno mi allenavo con l’Huracan e con le selezioni giovanili della Selección mentre la notte mi concentravo sui libri. Terminai il colegio secondario potendo così focalizzare ogni mio sforzo per arrivare a giocare in Primera Division.”

L’approdo in Europa

Con la maglia dell’Huracan Grimi disputa da protagonista due campionati di Primera Nacional, il secondo livello calcistico argentino. L’esordio nel massimo campionato arriva l’anno successivo tra le file del Racing Club di Avellaneda. Le presenze non sono tante, solo dieci, ma sufficienti ai dirigenti del Milan per puntare su di lui.

È il dicembre del 2006 e siamo nel bel mezzo della stagione che porterà i rossoneri a vincere la settima Champions League ad Atene.

Con il passaggio al Milan il salto fu ancora più grande. Cosa ti rimane oggi dall’aver condiviso lo spogliatoio con campioni di quel livello?

“Lasciando per un attimo da parte l’essere diventato padre, l’arrivo a  Milano rappresenta ancora oggi il cambiamento più importante della mia vita. Il Milan in quel momento era uno dei club più importanti al mondo. Spesso mi capita di ribadire la fortuna che ho avuto nel fare parte di quel gruppo. Dall’esterno chiunque può capire la grandezza di un calciatore ma solo dall’interno si ha poi la reale percezione delle qualità umane. Dal primo istante tutti si dimostrarono disponibili nell’accogliere un ragazzo di ventidue anni alla prima esperienza lontano dal proprio Paese. Sarebbe potuto essere tutto molto complicato se non avessi avuto la fortuna di conoscere quelle persone.”

A trentasette anni hai appena smesso di giocare. Guardandoti alle spalle quali sono i ricordi più belli della tua carriera?

“Mi è capitato più di una volta di entrare in campo con i miei figli prima di una partita. Ho avuto anche la possibilità di essere accompagnato da mia madre nel giorno della Festa della mamma. Sono due ricordi per me molto significativi.

“Anche dal punto di vista professionale ho tanti ricordi. Ho lottato per vincere tanti titoli, ho condiviso lo spogliatoio e il campo con giocatori importanti in ogni squadra nella quale ho avuto il piacere di giocare. La verità è che ho avuto una carriera migliore di quella che avrei sperato. Ciò che mi ha sempre sorpreso sono state le qualità umane delle persone che ho incrociato nel mio cammino.”

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Dall’Italia al Portogallo prima del ritorno in patria.

Dopo i sei mesi in rossonero il doppio prestito, prima al Siena e poi allo Sporting Lisbona.

Hai qualche rimpianto per aver lasciato l’Italia così presto?

“No, non ho grossi rimpianti. Quando lasciai definitivamente l’Italia fu perché in realtà volevo rimanere in Portogallo. Dopo il prestito lo Sporting mi comunicò la decisione di riscattarmi e ne fui felice perché mi ero ambientato benissimo. Mi sarebbe piaciuto giocare qualche partita in più nel Milan ma quando si concretizzò la possibilità di restare a Lisbona accettai con entusiasmo. In Portogallo ho conosciuto mia moglie con la quale ho tre  figli quindi no, non posso avere rimpianti.”

Possiamo quindi dire che Lisbona sia stata determinante per la tua carriera?

“Assolutamente si. Ho avuto la possibilità di dimostrare a livello europeo quanto valevo come calciatore. Ho giocato titolare e mi sono sentito nuovamente  importante e voluto. Abbiamo vinto Coppa e Supercoppa di Portogallo e anche in Europa le soddisfazioni non mancarono sia in Champions che in Europa League. Rimanere in Portogallo fu sicuramente determinante per il proseguimento della mia carriera.”

Casa dolce casa

La non fortunata parentesi belga al Genk rappresenta la premessa per il rientro in Argentina al Godoy Cruz.

Nel 2014 Leandro Grimi fa ritorno al Racing solo qualche giorno dopo uno dei simboli del club: Diego Milito. La Academia guidata da Cocca vinse il campionato nel 2014 trascinata dai gol del Principe e dalle prestazioni di livello del suo terzino sinistro titolare.

Hai avuto una carriera segnata comunque da gravi infortuni. Qual è il segreto per superare questi momenti difficili riuscendo poi a tornare a giocare?

“Non penso di avere avuto una strategia precisa. Sicuramente ho dei principi che ho imparato nella mia vita e che mi hanno dato la forza necessaria. Ad esempio sono una persona che legge molto e questo mi ha aiutato parecchio nei momenti complicati legati agli infortuni. In situazioni del genere però non possono mancare lavoro e sacrificio. Questi due elementi sono fondamentali per poter sognare un rientro in campo. Ho avuto tre le lesioni gravi al legamento crociato e senza sacrificio e desiderio di giocare sarebbe stato tutto più difficile specialmente durante la riabilitazione. Grazie a questo atteggiamento, nonostante gli infortuni, ho comunque giocato fino a trentasette anni in un campionato competitivo come quello argentino.”

Proprio gli infortuni impediscono a Grimi di scendere in campo in gare ufficiali con la maglia del Newell’s Old Boys, squadra per la quale ha sempre fatto il tifo fin da bambino e con la quale firma un contratto al termine della seconda esperienza ad Avellaneda. Dopo aver rescisso il contratto prima del termine conclude una carriera quasi ventennale all’Huracan, dove tutto ebbe inizio.

Si è appena chiuso un capitolo importante della tua vita. Cosa vuoi fare da grande?

“In futuro voglio allenare. Attualmente la mia attenzione è totalmente rivolta verso questo obiettivo. La formazione iniziale è basilare e desidero mettermi nelle condizioni migliori per intraprendere questa nuova avventura. Sto ovviamente assistendo a tantissimi allenamenti e cerco il confronto con allenatori e preparatori atletici. Aver giocato a certi livelli mi ha lasciato alcune porte aperte ma ciò che mi importa ora è mettere a fuoco le mie idee. Voglio focalizzare il mio pensiero calcistico e prepararmi al meglio in modo che quando sarò pronto per iniziare potrò farlo nel modo migliore.”


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Grafica a cura di PSM Sport

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