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Real Sociedad: l’altra faccia dei Paesi Baschi

L’amore per la Real Sociedad scivola oltre i confini di Donostia-San Sebastián e inonda di passione tutta la provincia di Gipuzkoa, dalle coste del Mar Cantabrico sino alle porte della Francia.

I Baschi sono un popolo fiero e orgoglioso, con più di una velleità indipendentista dalla corona spagnola. La loro passione si è sviluppata anche nel futbola – per dirla alla basca – e con determinazione hanno opposto le loro squadre, Athletic Bilbao e Real Sociedad, e il loro tifo alla supremazia delle grandi del calcio spagnolo.

Se Bilbao rappresenta il centro nevralgico più riconoscibile e riconosciuto della regione, Donostia-San Sebastián non ha mai voluto giocare un ruolo secondario. Così anche nel calcio, in cui la Real Sociedad da oltre 110 anni rappresenta l’altra faccia del calcio basco.

Nata nel 1909 da una costola della prima società locale, il San Sebastián Sport Club, la Sociedad de Foot-ball de San Sebastián ottenne lo status di “Real” solo l’anno successivo. Fu Re Alfonso XIII, grande appassionato di sport, a patrocinare di fatto la squadra – e non solo questa – nell’ambito di un progetto politico che aveva come obiettivo lo sviluppo economico del paese. La crescita dell’industria metallurgica, abbinata ad una politica liberale e all’interesse per lo sport locale, poteva portare ancora più consensi alla Casa Reale.

Tolta la “Coppa del Re” vinta nel 1909 come Club Ciclista de San Sebastián, i primi anni in Primera División furono conditi da poche gioie. Per oltre un decennio il club alternò retrocessioni in Segunda a pronte risalite nell’Olimpo del calcio spagnolo. Solo negli anni ’60 la società riuscì a partecipare costantemente al massimo campionato.

L’ Euskal Derbia del 1976 e l’intervento di “Trotsky”.

Meno di 100 chilometri dividono Donostia-San Sebastián da Bilbao, la Gipuzkoa dalla Bizkaia, i biancoblu dai biancorossi. Due città che rappresentano realtà differenti, ma consce di far parte di una terra piena di complessità. Nel calcio la sfida è accesissima e il primo derby si è giocato nel 1929. Entrambe le città sono state teatro però non solo di epici incontri calcistici, ma anche della nascita e dello sviluppo dell’ETA (Euskadi Ta Askatasuna, in italiano reso letteralmente “Paese basco e libertà”). L’organizzazione armata diresse e organizzò una serie di attentati e rapimenti ai danni della nomenclatura statale e politica spagnola, sino al totale disarmo del 2017.

In questo contesto fare calcio è difficile. A partire dagli anni ’30 poi, con l’avvento del dittatore Francisco Franco, il mondo basco subì una dura repressione e tutto ciò che richiamasse all’identità regionale, venne bandito. Così il futbola e il suo potere sociale rimasero assopiti, in attesa di una qualche miccia che riaccendesse l’orgoglio popolare.

L’occasione arrivò il 5 dicembre 1976 ed ebbe un protagonista: Josean de la Hoz Uranga detto “Trotsky“. Franco era morto da un anno, ma le rivendicazioni basche non parevano avere possibilità di realizzazione. Il calciatore della Real decise quindi che quel derby sentitissimo potesse essere la giusta occasione per lanciare un segnale. Commissionò alla sorella di cucire la ikurriña, la bandiera dei Paesi Baschi. Il piano di “Trotsky” era di far entrare in campo la bandiera tenuta dai capitani delle due squadre. Elusi i controlli di polizia, Ignacio Kortabarria per la Real e Josè Angel Iribar per l’Athletic Bilbao, ricevettero il vessillo ed entrarono mostrandolo orgogliosamente. Per la cronaca la partita si concluse con un roboante 5-0 per los “Txuri-urdin”, i biancoblu, ma il risultato più importante non tardò ad arrivare. Qualche mese più tardi, venne definitivamente approvato lo statuto basco e la bandiera tornò ad essere legale.

I dolcissimi anni ’80

La svolta nella storia della Real Sociedad arriva nella stagione ’80/’81. Dopo il secondo posto dell’anno precedente, i baschi vinsero il campionato allo scadere e grazie alla differenza reti. Il sorpasso ai danni del Real Madrid venne firmato dal centrocampista Josè Maria Zamora, che siglò il gol del pareggio nel pantano dello stadio “El Molinón” di Gijón. Quel punto fu sufficiente per scrivere la Storia.

Non v’era solo il riccioluto centrocampista tra gli artefici di quella vittoria iconica. Luis “El Pulpo” Arconada, ad esempio, è stato un portiere straordinario, da molti considerato tra i migliori della storia del calcio spagnolo. A centrocampo oltre a Zamora, dava ordine ed equilibrio Periko Alonso, padre dell’irripetibile Xabi. In attacco spiccavano i profili di Roberto López Ufarte e soprattutto di Jesús María Satrústegui. Quest’ultimo è ancora oggi – in condominio con Darko Kovačević – il miglior marcatore europeo dei biancoblu con 10 gol.

Calciatori iconici, rimasti nell’immaginario collettivo come i cavalieri di un trionfo sino ad allora quasi impensabile. Invece la Real Sociedad bisserà quella vittoria l’anno successivo, mettendo in bacheca anche la sua prima Supercoppa di Spagna. Inoltre il Txapeldun – traducibile come “il Vincitore” – affrontò brillantemente la Coppa dei Campioni, perdendo solo in semifinale contro l’Amburgo di Ernst Happel che poi alzerà al cielo la coppa.

Sostenibilità e passione: la Real Sociedad di oggi.

Arricchita la bacheca dello Stadio “Anoeta” con altre due Coppe di Spagna, gli ultimi 30 anni non hanno portato a grandi risultati sportivi. Anzi la stagione 2006/2007 si è conclusa con una sanguinosa retrocessione, quarant’anni dopo l’ultima volta.

Ritornata in Liga, dal 2018 la squadra è allenata dal tecnico basco Imanol Alguacil che ha passato quasi tutta la carriera con i colori Txuri-urdin cuciti sulla pelle. In più, dal 2006, la società è capitanata da Jokin Aperribay e l’accoppiata con Alguacil è stata uno dei punti di forza. Grazie ad una programmazione attenta, la squadra ha spesso occupato le zone alte della Liga, oltre a partecipare alle competizioni europee, mettendo in mostra i suoi “Enfants Terribles”. Gli investimenti mirati hanno reso la cantera di Zubieta una delle più produttive dell’intero panorama spagnolo. Nati sui campi affacciati sul fiume Oria, Antoine Griezmann, Asier Illarramendi e Mikel Oyarzabal, rappresentano solo alcuni esempi di cosa abbia saputo produrre negli ultimi anni il settore giovanile basco.

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La sopravvivenza di un club a certi livelli passa da tante variabili. Le vittorie portano introiti, certo, ma anche lo sviluppo di una società sostenibile rende tutto più semplice. Se non ti chiami Real Madrid o Paris Saint Germain, stare al passo dei colossi del calcio europeo può essere complicato. La Real Sociedad ha sviluppato un sistema virtuoso di gestione delle risorse e oggi può contare su uno dei monti ingaggi più alti del campionato spagnolo. Inoltre l’alchimia con il territorio è eccellente e ci sono tutti gli elementi per continuare brillantemente un percorso di crescita e sviluppo duraturo negli anni a venire.


Immagine di copertina realizzata da PSM SPORT, base tratta da: Profilo Instagram Real Sociedad (@realsociedad)

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