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Puskás Academy: rilanciare il calcio ungherese

La Puskás Academy sorge nel cuore dell’Ungheria e prende il nome da un personaggio rimasto nel cuore dei magiari. Un obiettivo ambizioso e ben preciso: riportare il calcio ungherese ai fasti di un tempo.

Ognuno di noi, nel cercare un collegamento tra il calcio e l’Ungheria, penserà automaticamente alla leggendaria Aranycsapat (come abbiamo fatto noi) e i suoi fenomenali campioni che tanto rivoluzionarono il calcio negli anni ’50. Nándor Hidegkuti, Sándor Kocsis, József Bozsik e Ferenc Puskás hanno scritto delle pagine indelebili del calcio ungherese ed europeo, tanto da essere ricordati sino ad oggi. Tanto, come nel caso di Puskás, da incidere anche con la camiseta del Real Madrid e alla guida del Panathinaikos. Tanto da diventare fonte di ispirazione per un nuovo ambizioso progetto che punta a rinvigorire il calcio magiaro. Nasce così la Puskás Ferenc Labdarúgó Akadémia, nota come Puskás Academy.

L’identità ungherese alla base di tutto

La squadra rappresenta la comunità di Felcsút, un villaggio di poco meno di 2.000 abitanti nella regione di Fejér, distante circa 45 km dalla capitale Budapest. Che una squadra di calcio di un paese così piccolo partecipi attivamente alla massima serie di un campionato nazionale non è di certo un unicum e di storie simili in Europa ne esistono svariate. La particolarità che rende questo club più importante di altri sono le premesse della sua fondazione, l’idea originaria e il suo sviluppo nel corso degli ultimi anni.

Il club nasce nel 2005 come squadra satellite del più blasonato MOL Fehérvár Football Club – ex Videoton FC – con l’obiettivo di preparare i migliori giovani della squadra alla massima serie ungherese, la Nemzeti Bajnokság I. Nel 2007 gli interessi e le prospettive della piccola società cambiano. Il Primo Ministro Viktor Orbán fonda la struttura odierna, ne ridisegna i contorni e incide notevolmente sullo Statuto Societario. L’obiettivo principale è quello di costruire calciatori ungheresi sin dalle basi, istruendoli non solo calcisticamente e creando infine degli atleti modello che possano far tornare grande il calcio magiaro anche in Europa.

Ma cosa c’entra il Primo Ministro con una piccola squadra di periferia? Come mai la scelta di questo angolo quasi rurale di Ungheria per lanciare questo laboratorio? Perché non consolidare la crescita del calcio di casa sfruttando la grandezza del Ferencváros o di un’altra delle grandi magiare come la Honvéd, dove proprio Puskás scrisse pagine sensazionali?

Il motivo è semplice e ha una richiamo quasi romantico all’infanzia di Orbán. Infatti il giovane Viktor, nato a Székesfehérvár – capoluogo della regione – giocava presso il campo sportivo di Felcsút. Inevitabile dunque, all’interno di un programma politico mirato a sottolineare l’importanza della Patria e delle tradizioni, la scelta del luogo.

Abbattute le vecchie strutture esistenti, in pochi anni sono stati costruiti lo stadio “Pancho Arena” – richiamo al soprannome che venne dato al grande Ferenc ai tempi del Real – con 3.800 posti a sedere e la sua caratteristica copertura in legno, il dormitorio, la palestra, oltre ad una serie di strutture di supporto finalizzate alla crescita sia del singolo calciatore che dell’uomo. Borse di studio e percorsi formativi completano l’organizzazione di quello che è, a tutti gli effetti, un mega progetto di costruzione di atleti competitivi, perfettamente centrati all’interno dell’idea politica della “Grande Ungheria” fortemente ostentata dal governo Orbán nell’ultimo decennio.

Una coppa sfiorata e poco più

L’avventura dei gialloneri sino ad ora ha probabilmente portato i risultati maggiori fuori dal campo. Il progetto è ormai ben rodato e ha portato al lancio di alcuni calciatori che adesso vestono la maglia della Nazionale Under 21, ma sono nell’orbita di quella maggiore. Negli ultimi anni la rosa è stata arricchita anche dalla presenza dell’ex Palermo Roland Sallai e da quella di Ádám Gyurcsó. Il primo è una presenza fissa in nazionale, nonché attualmente punto cardine del Friburgo. Il secondo è arrivato ai 30 anni probabilmente con più rimpianti che onori. Insieme a Sallai, non si può non citare László Kleinheisler, frutto del vivaio dell’Accademia ed entrato nella storia della sua Nazionale. Fu lui a realizzare il gol dello 0-1 a Oslo nello spareggio contro la Norvegia, primo passo verso il ritorno in una grande competizione dell’Ungheria.

La struttura portante della Puskás Academy, tuttavia, ha meno ungheresi di quanto immaginato all’inizio. In più, in campo i risultati latitano. Gli unici degni di nota dal 2012 sono la finale di Coppa d’Ungheria, persa ai rigori contro l’Újpest FC, e il secondo posto in campionato della stagione 2020/21. Si tratta chiaramente di un progetto che si è posto come obiettivo l’arduo compito di risollevare un movimento calcistico impoveritosi drasticamente negli ultimi 30-40 anni. Bisognerà attendere ancora per i primi successi.

Il modello dell’Accademia dà i suoi frutti?

Tralasciando le ingerenze della politica, è possibile constatare che il modello della Puskás Academy effettivamente funzioni. Bisogna ricordare come l’obiettivo, in tali casi, non riguardi la conquista di titoli, ma la formazione del calciatore come atleta e come individuo. Se ciò viene perseguito correttamente, anche la prima condizione solitamente si verifica. Sono presenti diversi riscontri nel mondo, sia nei paesi calcisticamente all’avanguardia che in quelli più arretrati.

A Freetown, sulle rive dell’Atlantico africano, Mohammed Kallon è da tempo presidente e allenatore di quella che oggi si chiama Kallon Football Club, società che ha lanciato i principali giocatori della Sierra Leone. Molti chilometri più a nord, lontano dal mare, Goran Pandev ha fondato nel 2010 il Fudbalski Klub Akademija Pandev, con l’intento di contribuire fuori dal campo alla crescita del calcio in Macedonia del Nord. Come abbiamo avuto modo di vedere, il progetto sta funzionando alla grande. Non va sottovalutato nemmeno il lavoro delle Squadre B, che hanno fatto le fortune dei club iberici o del Benelux sviluppando i giocatori prodotti dal vivaio. Non è un caso che la stessa Puskás Academy sia nata come Squadra B di un club più blasonato in origine.

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Il destino della Puskás Academy

La Puskás Academy non può che andare incontro, con molta probabilità, che a due scenari. Nel primo caso, terminata la storia politica di Orbán, Felcsút tornerà ad accomodarsi nell’anonimo sottoscala del calcio minore ungherese e avrà fallito il suo ambiziosissimo piano. Nel secondo caso, invece, il progetto riuscirà a svincolarsi della sua ingombrante eredità extracalcistica e contribuirà in maniera importante alla formazione di una nuova generazione di calciatori di livello. Magari potrebbe influire anche sui progetti futuri delle squadre storiche di Budapest, avvicinandole al modello dell’Accademia.

In entrambi i casi, però, la via tracciata, già presente in altre fruttuose realtà, sembra quella giusta. La cura dell’atleta sin dai primi calci, la ricerca costante dei talenti grezzi da raffinare e la progettualità finalizzata alla crescita dell’intero movimento. Di Puskás ne nascono decisamente pochi in Ungheria, così come nel resto del mondo. Ma è possibile comunque garantire un futuro a tanti giovani talentuosi nel mondo del calcio. È necessario un percorso curato e paziente, senza l’affannosa ricerca del risultato, che troppe volte allontana l’obiettivo formativo. Si può allora dire con assoluta certezza che, a tal proposito, la Puskás Academy sia davvero egregia.


Immagine di copertina realizzata da PSM SPORT (base tratta dalla pagina Instagram della Puskás Academy)

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