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La maratona del Porto

La vittoria del titolo non è casuale: il Porto ha saputo quando accelerare e quando rifiatare, aspettando il momento giusto per lo sprint.

Hai mai preso parte ad una maratona? Di quelle vere, quelle in cui si parte tutti insieme ma si arriva un po’ alla volta, alla rinfusa; quelle che iniziano al mattino presto e terminano all’ora di cena. Quelle che ti logorano piano piano sia il corpo che lo spirito; ma senza avvisarti eh, di colpo. Quelle che il sangue che bolle, il fiato che inciampa, la saliva che ingombra, le gambe che bruciano.

Insomma, quelle maratone che è inutile partecipare se non sei preparato, se non sei disposto a dare tutto te stesso, le gare in cui colui che sta davanti a te è l’unico motivo per cui corri, respiri, vivi.

La corsa del Porto

La corsa al titolo del Porto è stata così, come una maratona: l’importante non è mai stato arrivare il prima possibile, l’importante è stato arrivare fino in fondo. Rimanere un passo indietro rispetto l’avversario, ingoiare la sua polvere per poi servirgliela nuovamente, con più forza e più decisione, in modo che facesse più male.

Il Porto conquista il suo ventinovesimo campionato di Liga NOS con due giornate d’anticipo battendo in casa lo Sporting Lisbona, portandosi a +8 sulla seconda. Un trionfo che ha del clamoroso se ci si sofferma solo sulla prima parte di stagione, visto che il Benfica fino a Febbraio stava andando al doppio della velocità.

Il Porto ha saputo attendere un segno, poco sarebbe bastato: un lieve affaticamento, un accenno di insicurezza, un ritmo troppo elevato poi drasticamente decelerato. E’ un po’ quello che è accaduto alle Aquile di Bruno Lage, precipitate in un baratro infinito da febbraio in poi.

Il crollo dei rivali è stato determinante per il Porto, ma Sérgio Conceição non ha dubbi, il fattore decisivo è stato un altro.

Come abbiamo fatto a vincere? Penso che la nostra parola chiave sia stata l’Unione.

Sérgio Conceição

Scomodando una delle massime più famose, l’unione del Porto ha fatto davvero la forza. Il gruppo dei Draghi ha fatto perno sugli elementi più determinanti, quelli con le spalle più larghe e dall’orgoglio più profondo. In sintesi, si è affidato ai suoi uomini più.

I protagonisti

Impatto devastante di Zé Luìs nella prima parte di stagione, in cui è andato a segno 6 volte in 6 giornate, tra le quali il successo sul Benfica; il capoverdiano acquistato dallo Spartak Mosca ha dimostrato fin da subito la sua voglia di rinascita anche alla soglia dei 30 anni.

Nei momenti più difficili è salito in cattedra Jesùs “Tecatito” Corona, il coltellino svizzero di Conceição: impiegato come terzino destro, seconda punta, ala sinistra o esterno di centrocampo, il messicano non ha mai smesso di offrire intensità e qualità in tutti i 3.913 minuti giocati fra campionato e coppe.

Non stupisce che Corona guidi la classifica dei più presenti del Porto, dopo Marchesin, con 31 apparizioni in Liga e 48 in totale, quest’anno. Ah, come se non fosse abbastanza, Corona è anche il top assist-man dei Dragoni, con 13 servizi per i compagni.

Come non parlare di Alex Telles: dopo le parentesi con Inter e Galatasaray, dal 2016 il mancino brasiliano si è preso con forza la fascia sinistra e quella di capitano del Porto, abbandonando il campo solo per squalifica.

Rigorista principe, quest’anno ha segnato 10 reti – 7 dal dischetto -, la più importante delle quali, probabilmente, quella che ha risolto un match più complicato del previsto contro il Portimonense, nel finale di partita.

Una botta terrificante all’incrocio

Perché la più importante? Nel turno successivo il Porto vince contro il Santa Clara e supera il Benfica, agguantando un primo posto che non lascerà più. Senza questo gol, tutto ciò non sarebbe successo.

Per vincere i campionati bisogna vincere le partite, di conseguenza servono i gol. capocannoniere di Liga per il Porto è attualmente Moussa Marega, con 11 marcature in campionato.

Spesso lento e impacciato, il maliano ha messo a segno meno reti rispetto al passato, ma nonostante tutto anche quest’anno ha fatto valere il suo fisico dominante in area di rigore, nei momenti che più contavano. L’ultima rete proprio contro lo Sporting, nel match che ha deciso le sorti di questo campionato.

Le tappe

Il Porto non si è mai scoraggiato, neppure dopo le prime difficoltà. Ad agosto i Dragoni vengono eliminati ai preliminari di Champions League dal Krasnodar, che ribalta lo svantaggio vincendo al Do Dragão per 3 a 2. Non va meglio in campionato, all’esordio sul campo del Gil Vicente i punti conquistati sono 0.

I primi chilometri non danno sensazioni positive, ma siamo ancora all’inizio. Conceiçao torna al lavoro e scaccia i cattivi pensieri, ottenendo una roboante vittoria per 4 a 0 sul Vitoria Setubal, ma ancora più importante il successo al Da Luz sul Benfica.

Una serie vincente di sette turni premia il Porto con il raggiungimento della vetta grazie al successo sulla neo-promossa Famalicao. Pole position solo provvisoria, poiché dalle parti di Lisbona si corre forte senza fermarsi mai, mentre ogni tanto il Porto deve riprendere fiato per cambiare le scarpe, asciugarsi il sudore, recuperare energie. Alla 19° giornata i punti di distanza fra Benfica e Porto sono 7.

Se l’avversario non cade mai, sgambettalo. Lo scontro diretto segna la svolta. Il Porto vince al Do Dragão e accorcia a -4. Per le Aquile il trauma è tragico. Da lì in avanti una sola vittoria nelle seguenti 6 gare, il Porto supera la capolista alla 23° giornata vincendo contro il Santa Clara.

Alla 29° giornata i punti di distanza sono diventati 8, ma ora in testa c’è la squadra di Conceição; il Benfica perde anche contro il Maritimo e di fatto getta la spugna; Bruno Lage invece butta via tutto il buon lavoro fatto, dimettendosi a fine gara. Il peggior epilogo possibile per le Aquile, che accusano tutto in una volta uno stress fisico e mentale mai veramente prevenuto.

Mancano pochi metri al Porto, macinati con facilità. I biancoblù tagliano il traguardo contro lo Sporting grazie ai gol di Danilo Pereira e Marega, in uno stadio malinconicamente vuoto.

Il preparatore

Gran parte del merito va sicuramente a Sérgio Conceição, il traghettatore. Già vincente nella sua prima stagione sulla panchina del Porto nel 2018, l’esplosivo tecnico di Coimbra si è ripetuto quest’anno puntando forte sulla coesione del gruppo, trasmettendo ai suoi quella grinta che ha sempre caratterizzato la sua vita, in campo e fuori.

Un calcio fisico e compatto che, però, non disdegnasse la tecnica e le mosse ragionate. Azzeccata si è rivelata, infatti, la scelta di affidare le chiavi del centrocampo a Sergio Oliveira, che sia con palla in movimento che su piazzato ha fornito numerosi spunti per l’attacco.

Il Porto è arrivato primo alla fine della propria maratona, meritatamente. Certamente ha approfittato di demeriti altrui, ma è stato un successo maturato grazie alla sua caparbietà. Ha saputo reagire ai momenti negativi, dosando il fiato per tutto il percorso e trovando lo sprint al momento giusto, nel finale. Non ha vinto il più veloce, ma chi è arrivato con costanza fino in fondo.


Fonte Immagine Copertina: dominiodebola.com

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Di Filippo Serio

Genovese edizione 1996, condivido il compleanno con la leggenda Bruno Pizzul.
Non sapendo giocare a calcio, metto creatività ed originalità nel raccontarlo.
I miei film preferiti sono le pellicole di Tarantino e le partite di Xavi Hernandez.

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