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Javier Mascherano, El Jefecito

Javier Mascherano ha lasciato il calcio. Un leader carismatico, un grande giocatore: el Jefecito, semplicemente.

Basta.

Addio, mia cara.

Ti ho concesso la mia essenza, tu, mi hai ripagato come nessuno mai.

Cosa ha rappresentato Javier Mascherano, se non amore per il calcio, abnegazione totale alla causa, carisma da infondere nei compagni e timore che sconfina nel rispetto, da incutere negli avversari. Nei momenti duri nella Seleccion, Leo Messi tentava in ogni modo di portare un trofeo sotto il cielo di Buenos Aires, arrivando in diverse occasioni a tanto così, ma senza l’esito sperato. Buenos Aires è a bocca asciutta dal 1993, anno dell’ultimo trionfo in Copa America, con doppietta di Gabriel Omar Batistuta. Risultato finale, 2-1 sul Messico.

In quei momenti di sofferenza per la Pulce, capitano, simbolo di grandezza nel mondo, salvo che nel proprio paese, un giocatore su tutti, risultava essere il leader emotivo e spirituale della squadra: Javier Mascherano, el Jefecito.

Un capo vero

Non occorre avere la fascia al braccio, per essere un capo. Servono virtù, come la capacità di sapersi sacrificare per i propri compagni, guidarli fisicamente alla vittoria, con saggezza tattica e spirito agonistico. Semifinale dei Mondiali brasiliani, Argentina – Olanda. Gli Orange stanno gestendo il possesso palla, nel tentativo di entrare nell’area sudamericana, è appena scoccato il novantesimo, quando Wesley Sneijder e Arjen Robben duettano ai venti metri: Javier inizialmente insegue Robben, poi lo molla, accentrando la propria corsa, come se avesse già letto la situazione che di lì a breve si sarebbe verificata. Il tocco del numero Dieci e il movimento suadente dell’ala del Bayern lasciano inerme Martin Demichelis, il quale, per evitare il contatto con l’avversario, allarga le braccia in segno di resa. L’Argentina sembra spacciata.

Proprio adesso, quando i tempi supplementari sono alle porte, quando basterebbe resistere agli ultimi attacchi. Proprio quando Arjen calcia con il sinistro e il castello di speranze sembra crollare, ecco l’intervento del capo, una scivolata perfetta sul pallone.

Non si è tirato indietro. Non lui, non adesso.

Un sacrificio vero e proprio, il suo, perché Javier rischia seriamente di farsi male, a causa del movimento irregolare. L’ Argentina resiste e alla fine batte l’ Olanda. Il migliore in campo, ovviamente, è Mascherano.

La grandezza

Mascherano è stato un gran centrocampista, uno di quelli di lotta e di governo imprescindibili. Ha saputo adattarsi a difensore centrale nel momento in cui, al Barcellona, occorreva un leader difensivo dello stampo di Carles Puyol, uno che facesse della capacità di verticalizzazione, del possesso palla e della marcatura ferrea i propri mantra e li applicasse in modo da diventare un perno dell’ undici blaugrana, Soprattutto, Mascherano ha amato ogni maglia indossata, ogni istante di gioco consumato, onorando al cento per cento qualsiasi ciuffo d’erba calpestato, o il più banale pallone toccato. Questa dignità ad ogni azione del capo, ha origini lontane, quando era un ragazzo dotato di grande serietà e garra.

Javier e Mascherano, lo stesso essere umano, ma due persone diverse, grazie all’ esperienza accumulata in anni da leader errante, che si trattasse della Selecciòn, o del West Ham, non faceva differenza. Un naturale processo di crescita, basato su poche e precise regole: mai mollare, mai maltrattare la pelota.


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Fonte foto di copertina: Instagram Javier Mascherano

Di Luigi Della Penna

Classe 1996, mi definisco un cacciatore di storie e un mendicante di emozioni. Il calcio è vita, ma un'esistenza senza football non sarebbe la stessa cosa.

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