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Jorman Campuzano, una vita in bilico

Jorman Campuzano ha avuto una vita difficile, con un padre che non credeva in lui e una passione proibita per il fùtbol. Tra mille problemi, alla fine ce l’ha fatta e ora è un pilastro del Boca Juniors.

La storia di Jorman Campuzano è quella di migliaia di ragazzi che vogliono diventare calciatori, o comunque intendono uscire dal marasma quotidiano al quale sono costretti, a causa del contesto sociale in cui si trovano a crescere.

Solo che Jorman ce l’ha fatta.

Bogotà, arrivo!

Tamalameque è un paese della provincia colombiana, situato a nord, in cui sparatorie e crimini sono all’ordine del giorno. Non il contesto migliore per sbocciare come calciatore.

Jorman vuole giocare, vuole disperatamente quel pallone tra i piedi, coccolarlo, assaporare ogni istante in cui entra in contatto con l’amata pelota. Solo che non vuole semplicemente divertirsi per strada: una carriera da calciatore, ecco il suo desiderio. La famiglia ha altri progetti, papà Aristides gli dice di mettersi sotto con i libri.

Niente da fare.

“Papà, io vado a Bogotà, che tu sia d’accordo o no, io voglio giocare a calcio.” Così, a patto che nel frattempo non lasciasse gli studi, quel ragazzino si butta a capofitto nella grande, caotica, esasperante capitale.

Jorman, la cui carta d’identità dice 15 anni, va ad abitare dallo zio Asneyer. I problemi cominciano subito: non riesce a legare con i compagni della nuova scuola, situato a La Bosa, un luogo difficile anche per le forze dell’ordine, dove ogni sguardo può degenerare in un’azione ben più violenta. Minacciano di ucciderlo.

No, non ci sto.

Decide di non voler più andare in quell’istituto. Un giorno chiede al custode di poter uscire prima, questi accetta.

Non valicherà mai più quella porta.

Per un mese finge di andare regolarmente a scuola. Ogni mattina si sveglia alle 6 e da inizio alla sua recita. Passa il tempo in un parco, alle 12 torna a casa, con i quaderni bianchi e senza compiti da eseguire. Una mattina, per puro caso, nota un gruppo di uomini che sta giocando una partita di fùtbol, lo invitano ad unirsi a loro, lui contraccambia con tanti gol e una prestazione da applausi.

Vengo in città per diventare un calciatore.

Lo invitano a tornare, in cambio, gli offrono 50.000 pesos colombiani e un paio di scarpe da calcio. Jorman è entusiasta.

È così che entra a far parte del Club Escuela de Fútbol Churta Millos, una vetrina importante per farsi notare e, soprattutto, accarezzare la pelota. In una partita contro l’Equidad, la terza squadra della capitale, segna due gol, attirando così le attenzioni del club: lo invitano a diventare uno di loro, sarebbe un’opportunità fantastica.

Le cose stanno andando finalmente per il verso giusto. Chissà cosa dirà papà. Già…

Contro tutto e tutti

Il professor Aristides Campuzano non era a conoscenza di quanto fosse successo a Bogotà perchè convinto del fatto che, suo figlio, stesse frequentando regolarmente le lezioni. Quando chiamava, Jorman mentiva, per paura di essere sgridato, o peggio, che suo padre lo facesse tornare indietro.

La discussione è ben più che accesa, Aristides è deluso dal comportamento del ragazzo, Jorman, di contro, si sente ingabbiato dai libri, “Quello è il tuo sogno, non il mio, io voglio diventare un calciatore professionista”, gli dice.

Entonces olvídate de nosotros. Allora, dimenticati di noi. Sono parole lapidarie e che entrano a gamba tesa nell’anima del figlio.

Gelo.

Solitudine.

Disperazione.

Non può tornare a Bogotà dallo zio, dovrà cavarsela da solo. Lavora, guadagna quel tanto che basta per acquistare un biglietto di sola andata per Bogotà. Inizialmente lo ospita un amico. La situazione non migliora affatto, si ritrova senza un soldo in tasca.

Costretto a dormire per strada, una sera chiede l’intercessione della Madonna affinché lo aiuti a trovare una soluzione. Fede, destino, fortuna, chiamatela come volete, fatto sta che, la sera successiva, si reca alla Chispita Dorada, una rosticceria, il cui titolare si chiama Uber Neira. Gli chiede qualcosa da mangiare, aggiungendo di essere un amico di Jhon Fredy (il tizio da cui dormiva), il quale, qualche giorno prima, aveva parlato di questo ragazzo a Uber, dicendogli che faceva al caso suo: il signor Neira aveva una squadra di microfùtbol e così, Campuzano entrò a far parte del team e cominciò a lavorare come lavapiatti, guadagnandosi la fiducia di Uber, che divenne un secondo padre per il ragazzo.

Le cose iniziarono a migliorare.

El Fùtbol por Jorman Campuzano

In Argentina avevano da tempo Jorman Campuzano nel mirino, così, nel 2014, con il Banfield è cosa fatta, ma qualcosa va storto: quando sembra tutto pronto, arriva la notizia che, i soldi necessari al pagamento del biglietto per Buenos Aires, inviati da parte del Banfield, sono andati persi. Nessuno fa sapere più nulla.

Un presagio, pensa Jorman, si vede che nel mio destino non c’è il calcio.

No, il calcio entrerà nella sua vita.

Nel 2015, vede su Facebook un annuncio del Deportivo Pereira, cercano nuovi giocatori. Solo che non ha soldi, quindi vende il suo cellulare. Quando si reca al campo d’allenamento, scopre che ci sono più di 400 persone insieme a lui e il club vuole un solo ragazzo. Aveva sempre giocato attaccante, ma alla frase del tecnico Hernan Lisi, “Alzino la mano i centrocampisti”, lui istintivamente ubbidì alla voce della sua incoscienza. Entrò poi a far parte dell’undici che avrebbe sfidato l’Under 20 del Deportivo, poi, al momento della scelta definitiva, venne proferito il suo nome.

Con un duro lavoro, diventerai il miglior centrocampista di tutta la Colombia.

Non solo, dal 2015 al 2017 è uno dei pilastri della squadra. Nel 2018 passa all’Atletico Nacional, il club che abita nel cuore del professore di chimica. Dopo aver firmato, Jorman chiama Aristides e, in un clima surreale, oscillante tra il tono sferzante del vincitore e le parole di resa dello sconfitto, gli comunica che andrà a giocare proprio lì, nell’Atletico Nacional, l’equipo tifato da colui che non credeva nel proprio figlio.

Nel gennaio del 2019 è stato acquistato dal Boca Juniors, una delle squadre iconiche del Sud America e del mondo intero. La Bombonera non è un teatro dei sogni, somiglia più ad un’arena con i gladiatori, circondata da migliaia di voci che scandiscono la loro appartenenza ai bosteros: d’altronde, es un sentimiento, no puedo parar.

Al Boca ha trovato una guida, un grande del calcio, al suo ultimo spettacolo: Daniele De Rossi. Tra i due nasce subito un buon rapporto, DDR lo aiuta, gli infonde le giuste direttive tattiche, lo sprona a dare il massimo ad ogni allenamento, proprio come se fosse l’ultimo. De Rossi ci ha visto giusto, perchè Jorman Campuzano è un centrocampista dallo spiccato senso della posizione, bravissimo nella fase difensiva tanto quanto nel mettere i compagni davanti alla porta, dimostrando di possedere il carisma adatto per giocare la maglia azul y oro.

Aristides, tuo figlio ha avuto ragione. A discolpa del signor Campuzano, possiamo dire che, la paura più che giustificata per l’avvenire del proprio figlio è legittima, soprattutto in un continente instabile come il Sud America. Jorman Campuzano ce l’ha fatta, non si è mai arreso, ha continuato a lottare, nonostante le avversità del destino e i dissapori con la famiglia, ma per uno che ci riesce, quanti sconosciuti vagano per i campetti di periferia della Colombia, dell’Argentina o di qualunque altra nazione del mondo?

Troppi.


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Fonte foto di copertina: Instagram Jorman Campuzano

Di Luigi Della Penna

Classe 1996, mi definisco un cacciatore di storie e un mendicante di emozioni. Il calcio è vita, ma un'esistenza senza football non sarebbe la stessa cosa.

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