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Panenka: l’uomo che vinse col cucchiaio

20 giugno 1976, Belgrado ospita la finale degli Europei. Quasi 31 mila persone ad assistere, in territorio jugoslavo, alla partita tra Cecoslovacchia e Germania Ovest. Sembra una partita di Risiko e sembra sia passata un’eternità. La partita si decise ai rigori, e uno dei gesti che suscita stupore ogni qual volta viene compiuto, quel giorno prese forma, regalando titoloni ai giornali e bocche aperte a tutti gli spettatori presenti.

Antonin Panenka è un trequartista dei Bohemians ČKD di Praga e quando si appresta a tirare il quinto, decisivo, rigore per i cecoslovacchi dopo l’errore di Uli Hoeness, sa di avere tra i piedi la palla che può cambiare la storia del proprio paese. Di fronte c’è Sepp Maier, il portierone tedesco considerato uno dei migliori al mondo, non proprio l’ultimo arrivato.

“L’idea mi è venuta nella primavera del 1974, ben due anni prima di quella finale a Belgrado. Mi sono esercitato durante le sessioni di allenamento ogni giorno e poi nelle partite amichevoli e l’ho provato per la prima volta nella lega cecoslovacca”.

A. Panenka

Toni prende una bella rincorsa, smorza il pallone, lo tocca da sotto e sembra quasi lo voglia accompagnare in rete, centralmente. Il “cucchiaio” è appena nato. Panenka è nella storia. Maier, ingannato dalla velenosa traiettoria, alza le mani in segno di protesta all’arbitro italiano Gonella, pensa addirittura che il suo avversario abbia infranto le regole. Per Antonin invece è tutto regolare e non è stata neanche una mancanza di rispetto. “Nessuno si aspettava un tiro in mezzo, ma l’ho visto come il modo più semplice per segnare.

Un gesto rivoluzionario

Durante la sua carriera, di rigori così ne ha segnati una trentina, ne ha sbagliato solo uno, ha ammesso una volta. Quando c’era lui nell’area presso il dischetto, i portieri non sapevano mai come agire, Panenka aveva un’intelligenza e un’astuzia sopra la media, aspettava il momento in cui l’estremo difensore si muoveva e solo in quell’istante decideva in quale lato mandare la palla. All’occorrenza, anche se era ormai già conosciuto, si affidava allo “scavetto”. Uno dei più rischiosi lo segna nel 1979 alle qualificazioni per l’Europeo italiano: il portiere francese Dominique Dropsy rimane pietrificato come Sepp Maier.

“Mi è sempre piaciuto essere creativo e ho avuto uno stile in cui ho cercato di essere un po’ innovativo. Trascorrevo ore a tormentarmi il cervello su come avrei potuto inventare finte o piccoli trucchetti. Per me il calcio era qualcosa di molto bello, qualcosa che doveva essere curato nel miglior modo possibile”.

A. Panenka

L’atteggiamento e le movenze di un giocatore che vede oltre il semplice calcio, che deve essere anche esteticamente bello, Panenka è stato uno che è uscito dalla monotonia dei tempi, sicuramente fuori dagli schemi.

Panenka sempre nella storia

Voleva fare qualcosa di unico e per questo verrà ricordato per sempre. E se quel rigore l’avesse sbagliato? Secondo lui l’avrebbero spedito a lavorare in fabbrica per trent’anni di fila. Difficile? Sicuramente non improbabile visto il contesto. Il comunismo ha rallentato i progressi e il percorso di crescita di Antonin Panenka. Non si poteva giocare in un club straniero perché era inizialmente proibito, tranne poi mettere delle regole e criteri ben precisi per “facilitare” qualcuno a provare l’esperienza di giocare all’estero.

Solamente i giocatori che avessero almeno 32 anni e che avessero giocato almeno 50 partite per la nazionale potevano dichiararsi idonei. Dopo 13 stagioni a Praga, Panenka nel 1980, anno in cui viene nominato “Calciatore cecoslovacco dell’anno”, decide di andare in Austria, dove con il Rapid Vienna vince tra il 1982 e il 1985 due campionati e tre Coppe austriache, i suoi unici titoli con un club.

Dopo vagabonda tra St.Pölten, Slovan HAC, Hohenau e Wiesendorf prima del ritiro nel 1993. Una vera e propria icona del calcio, un modello che ha ispirato dagli 11 metri i migliori giocatori dell’era moderna, da Totti a Zidane, da Pirlo a Leo Messi. Chissà quanti altri ci proveranno in futuro. Bisogna sentirselo, è una scelta coraggiosa, ma se riesce, sei nell’Olimpo dei grandi. Agli Antonin Panenka sono contrapposti i rigori alla “Mago” Maicosuel, quelli da film horror. Perché quest’arte qua non è per tutti. Il “cucchiaio” bisogna saperlo usare bene.


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Fonte copertina: thesefootballtimes.co

Di Cosimo Giordano

Opinionista sportivo nel tempo libero, founder di Sottoporta, amo la pizza e il calcio internazionale. Sono quel tipo che ogni tanto ripensa alla carriera di Pauleta e che va a curiosare sulle rose del campionato australiano.

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