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L’umiltà di Pauleta del PSG

Nelle Isole Azzorre, più precisamente a Ponta Delgada, la vita ha poco da offrirti. In questo piccolo mondo paradisiaco, comunità autonoma portoghese in mezzo all’Oceano Atlantico, le attività più quotate sono la pesca, l’allevamento e l’agricoltura. Pauleta, il secondo miglior marcatore della storia del Portogallo, dietro soltanto a sua maestà Cristiano Ronaldo Dos Santos Aveiro, è nato proprio qui.

All’anagrafe Pedro Miguel Carreiro Resendes, ma per tutti gli appassionati di calcio, è ricordato semplicemente come Pauleta. Il suo futuro era già segnato fin da piccolo, avrebbe fatto il pescatore come il papà. Pedro però, a differenza delle aringhe che pescava giorno dopo giorno, non abboccò all’amo teso dal destino. Iniziò a giocare nella squadra locale, l’União Micaelense, ottenendo un biglietto di sola andata per il continente grazie all’ingaggio dell’Estoril, stregata dalla facilità con cui questo ragazzo vedeva la porta.

A 22 anni, inizierà ufficialmente la sua carriera in Europa, costellata da medie gol pazzesche. Prima il biennio spagnolo con le maglie di Salamanca e Deportivo La Coruna, dove soffrì il dualismo con un altro bomber come Roy Makaay. Infine l’approdo in Francia, con la maglia del Bordeaux prima, e con quella del PSG, poi. Quasi 300 gol in poco più di 500 partite tra club e nazionale.

Pensando alla maglia portoghese, Pauleta è stato l’ultimo vero numero 9 della Seleção, con cui segnò tantissimo, senza però mai lasciare il segno nelle grandi competizioni, una su tutte, l’Europeo del 2004 giocato in casa e perso contro la Grecia, in cui non marcò alcuna rete. Si ritirò proprio a Parigi, nel 2008, tre anni prima dell’insediamento degli sceicchi ai piedi della Tour Eiffel, rivestendo in seguito il ruolo di osservatore per il club parigino.

L’amore per Parigi

I tifosi del PSG lo hanno coronato come miglior giocatore nella storia del club tramite un sondaggio sul web stilato da France Football, il noto quotidiano francese. Il 36% dei voti totali lo mise davanti a nomi altisonanti come Ibrahimovic, Weah e Cavani.

Se ha vinto questo premio, vuol dire che anche dal punto di vista umano, Pauleta era eccezionale. E lo dimostra una testimonianza di un suo ex compagno dell’epoca, Ahmed Kantari:

“Pierre Blayau, all’epoca vicepresidente del PSG, organizzò un banchetto di fine stagione e fu deciso che un grande bonus sarebbe stato consegnato ai vincitori della coppa. Io, con alcuni giovani come Boukary Dramé e Franck Dja Djédjé, non ne facevamo parte. Avevamo appena giocato un po’ nei primi turni della competizione, affrontando squadre inferiori. Mentre mangiavamo, Pedro Miguel Pauleta venne verso di noi. Ci disse che anche noi avremmo dovuto partecipare al bonus e che dovevamo essere ringraziati come gli altri. Pauleta andò a parlare con i leader al tavolo e dopo un po’ accettarono la sua richiesta. Non era una questione di soldi, ma vederlo pensare a noi in quel momento dimostra l’uomo che è, davvero eccezionale”.

A. Kantari

Nessuno escluso grazie all’altruismo del portoghese. Prima dei soldi e della fama, a Parigi si amava l’umiltà di un calciatore come Pauleta.


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Fonte immagine copertina: wikipedia CC

https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Pauleta2011.JPG

Fonte: soccer.ru

Autore: Dmitry Parshin

Di Massimiliano Mirabeni

Collaboratore di Sottoporta da 2 anni e founder di Dribbling - Parola al Calcio.
Amo scrivere e parlare di calcio ad ogni ora del giorno, cercando nel tempo libero di laurearmi in Chimica.
Sono nato ammirando l’Arsenal di Wenger e cresciuto nel segno del Barça di Pep Guardiola, ma il mio cuore apparterrà per sempre a Dimitar Berbatov.

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