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Le ali della libertà: Sándor Szűcs

Cosa si è disposti a perdere pur di inseguire i propri sogni? Tutto. Evidentemente questo deve aver pensato Sándor Szűcs, grande difensore ungherese che solo una sorte crudele non ha voluto ricordare tra i maggiori interpreti dell’Aranycsapat e dell’intera storia del calcio.

Aranycsapat, la Squadra d’oro ungherese che negli anni ’50 si limitò a stravolgere e rivoluzionare il calcio mondiale. Chi non ne conosce gli interpreti più famosi, come Ferenc Puskás, Sándor Testina d’oro Kocsis, Laszlo Kubala, il più grande giocatore della storia del Barcellona dopo Messi, oppure Nándor Hidegkuti, il primo falso nueve ante litteram. Eppure c’è anche un’altra Aranycsapat, quella a cui la storia ha mostrato il volto meno benigno, condannandola ad un indegno e taciuto anonimato. È quella di Ferenc Deák, grandioso centravanti da 529 gol in 380 presenze, costretto a giocare nelle serie minori ungheresi per ordini dall’alto. Oppure è quella di Sándor Szűcs, colonna della nazionale ungherese che inseguì l’amore e il desiderio della libertà. È la Squadra d’oro di uomini che hanno osato, hanno lottato e hanno rischiato per i propri sogni, sfidando uno dei regimi europei più oppressivi del XX secolo, quello di Mátyás Rákosi.

Uno stopper fuori dal comune

Sándor Szűcs nasce a Szolnok, una città a 100 chilometri dalla capitale Budapest, il 23 novembre 1921. Sándor è un ragazzo molto promettente: si diploma in fretta, studia ingegneria meccanica e a 17 anni esordisce nello Szolnoki MÁV, la squadra della sua città. Non è ancora maggiorenne, ma mostra doti fisiche e un’intelligenza tattica fuori dal comune: doti imprescindibili per uno stopper. Sándor, infatti, è uno stopper fuori dal comune. Il Szolnoki vince l’unico campionato ungherese della sua storia nel 1941; Sándor è il capitano della squadra e in quello stesso anno farà il suo esordio nella nazionale maggiore magiara. Ha solamente 19 anni.

Szűcs rimarrà a Szolnok fino al 1944. Mentre la sua città natale subisce l’impeto furente della guerra, Sándor riesce a fuggire dalla devastazione grazie al pallone. Si accasa all’Újpest, gloriosa squadra della capitale ungherese, tra le cui fila figurano grandi stelle come Gyula Zsengellér, veterano dei Mondiali del 1938, e il miglior realizzatore di sempre del campionato ungherese, Ferenc Szusza. Sándor Szűcs impiega pochissimo a divenire la colonna portante della difesa dei Lilák, con cui disputerà 164 partite e vincerà due campionati nazionali.

Quell’amore fatale

È il 1948. Budapest soffre ancora i postumi della guerra, ma la città è in ripresa. La vita torna a scorrere nelle vene e nelle arterie della capitale seguendo le acque del bel Danubio blu. Szűcs ha 27 anni, è uno dei giocatori più famosi d’Ungheria ed uno dei difensori più forti al mondo. È l’idolo dei tifosi dell’Újpest. Uno di loro è il famoso pianista László Boros, grande appassionato di calcio. Una sera, sapendo che il ritiro dell’Újpest si trova a pochi chilometri dal luogo dove sta soggiornando, Boros invita Szűcs ed altri suoi compagni a cena. In quell’occasione, per la prima volta lo sguardo di Sándor incontra quello di una giovane ragazza bionda che avrebbe segnato il suo destino. Erzsi Kovács ha 21 anni, è un astro nascente nel firmamento musicale danubiano e, soprattutto, è la moglie di Boros. Sándor ed Erzsi s’innamorano immediatamente.

Il sentimento ardente si scontra però con la realtà: entrambi sono già sposati, Sándor ha anche due figli. Il loro è un amore proibito per la bigotta e scontenta Ungheria di Mátyás Rákosi, leader del partito comunista ungherese. Non ci vuole molto prima che Szűcs riceva una telefonata che gli avrebbe cambiato la vita. All’altro capo della cornetta c’è la polizia segreta ungherese. Il messaggio è chiaro e preciso: questa relazione non s’ha da fare. Chiunque si sarebbe lasciato intimidire e abbattere da un’esperienza del genere, ma non Szűcs: non ne vuole sapere di lasciare la sua Erzsi ed è disposto a tutto pur di stare con lei, anche a costo di mettere a repentaglio la sua stessa vita.

La più grande sfida di Szűcs

Sándor Szűcs si trova di fronte all’avversario più arduo che avrebbe mai affrontato. Lo stopper fuori dal comune, che con la sua classe aveva contribuito a gettare le fondamenta dei successi dell’Aranycsapat, aveva davanti a sé una sfida fuori dal comune. Vedendo Szűcs resistere alle sue pressioni, Rákosi è pronto alla dimostrazione di forza. A farne le spese è la nazionale magiara che stava cominciando in quegli anni a farsi notare in Europa.

Il 3 ottobre 1948 Szűcs colleziona la presenza numero 19 in nazionale. Nel suo stadio, quello di Budapest, Sándor e soci vincono 2-1 sull’Austria. Lo stopper è entrato nel secondo tempo e ha sfoderato l’ennesima performance difensiva straordinaria. Dopo il triplice fischio dell’arbitro, il selezionatore ungherese Gusztáv Sebes e il suo collaboratore Tibor Gallowich ricevono direttive non trattabili dai piani alti della Federazione. Non ci sarà una presenza numero 20 con la maglia dell’Ungheria per Sándor Szűcs.

Preparativi di fuga

Anche la sua esperienza con l’Újpest non termina nella maniera più degna. Nel 1951, le pressioni del governo ungherese e dell’ÁVH, la polizia segreta, si sono fatte insostenibili. Sándor non riesce più a tenere nascosta la relazione; Erzsi stessa venne trattenuta dalla polizia segreta. Szűcs decide di rischiare il tutto per tutto: abbandonerà l’Ungheria insieme alla sua amata. Un contrabbandiere li avrebbe condotti al confine jugoslavo: da lì avrebbero intrapreso un viaggio verso Milano, verso il campionato italiano e verso la libertà.

Sanyi pensava che l’unica soluzione accettabile fosse lasciare il paese. Ha detto di aver ricevuto un’offerta dal Milan e che un uomo ci avrebbe aiutati a fuggire. Ha chiesto mezza libbra d’oro e altri cinquemila dollari se uscivamo. Non aveva uno sguardo rassicurante, ma non ho osato parlare, stavamo partendo per un viaggio fatale. Sándor mi ha chiesto di non ammettere mai che fossimo dissidenti, qualsiasi cosa accadesse.

Erzsi Kovács

Il 6 marzo 1951 i due amanti lasciano Budapest in segreto: rivelare i motivi della fuga a qualcuno avrebbe sancito la loro morte. Mancano pochi chilometri alla frontiera, quando una pattuglia della polizia li ferma.

Alcuni eventi ci hanno insospettito, ma abbiamo ingenuamente deciso di proseguire. Prima del confine, il nostro aiutante ha chiesto a Sanyi di prendere la pistola per sicurezza. Pochi minuti dopo, dei soldati armati sono sbucati fuori dal nulla.

Sembra un semplice controllo, in realtà è solamente la conclusione del piano perfetto organizzato dall’ÁVH per incastrare la coppia. Il contrabbandiere, József Kovács, è un complice della polizia segreta, i cui agenti adesso hanno circondato la macchina, arrestato i due amanti e li hanno condotti in uno dei luoghi più temuti d’Ungheria, la 60 Andrássy Avenue a Budapest.

La fine di Szűcs

La Casa del Terrore, sede della polizia segreta magiara, è un luogo in cui facilmente si arriva e difficilmente si esce. Sándor ed Erzsi scoprono presto il perché di questa nomea. I due vengono interrogati dalla polizia. Erzsi ammette le sue colpe e se la cava con quattro anni di prigione. Szűcs, invece, si professa innocente e si rifiuta di confessare. Serve una punizione esemplare, che funga da monito a chiunque tenti la fuga dall’Ungheria. Dopo un breve processo farsa, arriva la sentenza del tribunale militare. Sándor Szűcs è condannato a morte.

Il calcio ungherese si mobilita per salvargli la vita. Arrivano le intercessioni dei suoi compagni József Bozsik e Ferenc Szusza; persino Ferenc Puskás chiede clemenza al governo ungherese. Il Ministro della Difesa Mihály Farkas promette di impugnare la questione, ma il 4 giugno 1951 Sándor Szűcs viene impiccato nel cortile della Casa del Terrore, lontano da occhi indiscreti. Non trapelerà nulla sulla sua sorte in quel tempo. Erzsi saprà della morte dell’amato solo nel 1956, l’annus horribilis dell’Ungheria e dell’Aranycsapat. Solo nel 1989, un altro anno estremamente significativo, il mondo avrebbe conosciuto la triste storia e la triste fine di Sándor Szűcs.

Sándor poté riabbracciare l’amata Erzsi solamente il 6 aprile 2014. Dopo la caduta del regime comunista ricevette quei meriti che in vita gli vennero sottratti. Nel 1991 gli venne conferito il grado di tenente colonnello postumo, mentre la sua storia venne rivalutata e il suo nome venne finalmente associato a quella nazionale stellare di cui fu pilastro nonostante le poche presenze. La sua storia ci fornisce una lezione preziosa.

Se il calcio è lo sport più conosciuto e amato, lo si deve principalmente a due caratteristiche: è un gioco semplice ed è capace di raggiungere tutti. Ma c’è un altro tratto che rivela i motivi della passione viscerale che tante persone hanno per il pallone. Il calcio è un filo che collega passato e futuro, unisce storie e protagonisti lontani nel tempo e nello spazio. È in balia della storia come ciascuno di noi ed è animato dall’amore e dalla passione, sentimenti che ogni uomo sperimenta nel corso della sua vita e che portano a nobilitarne l’esistenza. Quelle stesse emozioni guidarono Sándor Szűcs, lo stopper fuori dal comune, l’uomo che inseguì l’amore e trovò la libertà: perché nessuno è più libero di colui che ama.


Su Sottoporta il meglio del calcio internazionale: You’ll Never Walk Alone

Foto di copertina tratta da: origo.hu

Di Matteo Cipollone

Sempre alla ricerca di una storia particolare da raccontare, sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da scoprire. Amo studiare storia e rimango affascinato da quello che essa ci offre. Accumulo libri e talvolta li leggo pure. Unisco due belle passioni: il calcio e la scrittura.

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