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Resto d'Europa

Sta ritornando l’Hajduk Spalato

Dalla difesa dei Balcani a quella della propria identità: alla scoperta dell’Hajduk Spalato, l’orgoglio della Dalmazia che si sta facendo nuovamente sentire in campionato…

Con la sua solita tagliente arguzia, Winston Churchill un giornò dichiarò che “i Balcani producono più storia di quanta ne possano digerire”. Si tratta di una sintesi efficace di un microcosmo intriso di contraddizioni, che il corso degli eventi più recenti ha portato ad acuire in maniera violenta e travolgente. Per tratteggiare un ritratto accurato di questa regione, tuttavia, occorre focalizzarsi anche su fenomeni che trovano poco spazio sui manuali di storia, ma che segnano profondamente le vicende umane e sociali nell’arco del tempo. Le realtà calcistiche balcaniche rientrano di diritto nella suddetta categoria. Esse hanno lasciato un segno tangibile ed indelebile nella storia della Jugoslavia, prima, e delle neonate Repubbliche, poi. L’Hajduk Spalato, ad esempio, è una di quelle squadre che ha attraversato trasversalmente tutte le vicissitudini sociopolitiche dei Balcani.

Pirati all’assalto

L’Hajduk nasce nella bohemiénne Praga del 1908, precisamente nell’U Fleků, il pub più antico della città con alle spalle oltre 350 anni di vita. Fabijan e Luka Kaliterna, Lucijan Stella, Ivan Šakić e Vjekoslav Ivanišević: furono cinque studenti croati del Collegio Ceco d’Ingegneria di Praga, reduci dall’accesissimo derby tra Sparta e Slavia, a decidere di diffondere il gioco del calcio anche nella loro città natale. Indecisi su quale nome dovessero scegliere, l’indomani corsero nell’ufficio del loro professore in preda all’entusiasmo per dirimere la questione. Scherzando, egli rispose che sembravano una banda di pirati che volesse assaltare il suo ufficio. Non sarebbe potuto esserci nome più adeguato che Hajduk, un eco degli Aiducchi, i briganti e i fuorilegge che formarono le milizie balcaniche opposte all’invasione ottomana a partire dal XVI secolo.

Le autorità austroungariche ne ufficializzarono la creazione nel 1911: bisogna ricordare che all’epoca, infatti, la Croazia era ancora parte dell’Impero di Austria e Ungheria. I padri fondatori scelsero i colori della bandiera croata per lo stemma – spiravano già venti indipendentisti -, sancendo un ulteriore legame con il territorio dalmata. La tradizione vuole che fosse stato Ivanišević a realizzare il progetto e che Ana Kalinterna, sorella di Fabijan, avesse portato la bozza in un monastero di monache clarisse, le quali avrebbero cucito gli stemmi sulle prime divise di gioco. La maglia si tinse di bianco, come le vele del porto di Spalato, accompagnato dal blu che rievoca i flutti del mare Adriatico che si infrangono sulle coste dalmate e sulle isole di fronte ad essa.

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Orgoglio e identità

Ogni angolo di Spalato richiama i colori dell’Hajduk e lungo tutto il territorio pare non esista altra squadra. Troppo forte è l’amore per i Bianchi e troppo debole quello per le altre realtà. La connessione tra il club e la città è una delle più intense del panorama calcistico europeo. Lo Stadio Poljud è quasi sempre gremito e “La Torcida”, il più antico gruppo ultras d’Europa, fondato nel 1950, guida il ritmo incessante del caldo tifo spalatino a prescindere dai risultati sul campo. I ricorsi storici ci suggeriscono che il nome e gli ideali di fondazione, strettamente vincolati ad un forte senso di appartenenza a livello locale e nazionale, abbiano indirizzato il resto della vita del club.

La Torcida durante un incontro del 2013 (Fonte: profilo Twitter Torcida Spliy)

L’identità dell’Hajduk, in effetti, è stata più volte minacciata. Da Benito Mussolini, che, dopo l’occupazione fascista della Dalmazia, avrebbe voluto vedere gli spalatini giocare nel massimo campionato italiano. Dagli Ustascia di Ante Pavelić, i quali, nel 1944, avrebbero gradito la partecipazione della più importante squadra di Spalato al campionato croato. Dal Maresciallo Josip Tito, che avrebbe desiderato trasferire la squadra a Belgrado in quanto simbolo di libertà e resistenza agli oppressori stranieri. Più recentemente dagli investitori stranieri, che, acquistando il club, avrebbero arricchito le casse e, probabilmente, la bacheca della squadra. In tutti questi casi, però, i tifosi e la città si sono opposti con veemenza. Non si può stravolgere o acquistare l’identità e la storia di chi ha vinto nove volte il campionato della Jugoslavia e sei volte quello croato.

I campioni di ieri e quelli di oggi

Oggi l’Hajduk Spalato sta lottando per il titolo come non accadeva da anni (ultimo campionato vinto nel 2004-2005), in un’emozionante corsa a quattro. La Dinamo Zagabria, gli spalatini, l’Osijek e il Rijeka sono racchiusi in pochi punti. La massima serie croata è apertissima e, dopo aver vinto 15 degli ultimi sedici campionati, l’egemonia della capitale Zagabria potrebbe cadere. Questa classifica, che vede la società dalmata protagonista indiscussa, è il frutto dell’ottimo lavoro della dirigenza, che, oltre a riportare in patria l’attaccante Nikola Kalinić, negli ultimi 12 mesi ha costruito una squadra più che competitiva per il campionato nazionale. I risultati fin qui ottenuti, in più, consentono di ambire anche a qualche soddisfazione europea che manca da troppo tempo.

Una nuova guida

Al timone dell’Hajduk Spalato, da quest’anno, è presente il lituano Valdas Dambrauskas, che ha una storia decisamente singolare. Ha pagato i suoi studi di Scienze dello Sport effettuati a Londra con la somma vinta partecipando alla versione lituana di “Chi vuol essere milionario”. Poi le esperienze nei settori giovanili di Fulham, Manchester United e Brentford (ne abbiamo parlato qui), prima di allenare i bulgari del Ludogorets. Predilige la difesa a 3 e sta costruendo un reparto affidabile grazie all’apporto dell’ex Hannover Josip Elez, di Nikola Katić, cresciuto tanto dopo l’esperienza scozzese con i Rangers Glasgow (trattati invece qua), e di Ferro, portoghese ex Benfica, rilanciatosi sulla costa adriatica dopo un’annata scadente al Valencia.

Padroni delle fasce sono l’ungherese Gergő Lovrencsics (44 presenze con la Nazionale), il nazionale croato Dario Melnjak, Alexander Kacaniklić (svedese di chiare origini slave) e l’interessante Under21 croato David Colina. La linea mediana è tra le migliori del paese, con l’italiano Marco Fossati ad alternarsi a Jani Atanasov. Presenti anche Lukas Grcić, appena arrivato dal LASK Linz, e Josip Vuković, tornato alla casa madre dopo un quinquennio da girovago.

Tanti grandi nomi per l’Hajduk Spalato

La fantasia degli Splitski Bili solitamente scorre tra i piedi di Filip Krovinović, estro slavo ed esperto nei calci piazzati, approdato a Spalato dopo l’esperienza tanto prestigiosa quanto poco entusiasmante con il Benfica. Se invece l’avversario richiede un assetto diverso, i compiti di assistenza offensiva vengono affidati al ventitreenne Emir Sahiti. Svariando su tutto il fronte offensivo, garantisce maggiore imprevedibilità al 3-4-3 classico, allargandosi su una delle due fasce. Curiosità: il giovane calciatore pare sia ancora indeciso se vestire la maglia della Nazionale maggiore albanese o quella blu del Kosovo. Ad oggi ha optato per la prima con l’Under21; il CT Edy Reja lo sta osservando con attenzione per i prossimi impegni dell’Albania.

Hajduk Spalato Marko Livaja
In quanti lo hanno riconosciuto? (Fonte: Hajduk Split – Twitter account)

Dambrauskas solitamente schiera o due mezzepunte a supporto del terminale offensivo oppure un solo trequartista con il compito di imbeccare i due attaccanti. In entrambi i casi, in campo sarà Marko Livaja a guidare la squadra. La stagione della punta nata proprio a Spalato è incredibile. Ha già superato quota 20 reti stagionali con la tripletta nell’ultima di campionato in casa del Dragovoljac e guida indisturbato la classifica marcatori del campionato. Così è riuscito a conquistare nuovamente la maglia a scacchi biancorossi della Nazionale croata. Con il ritorno del figliol prodigo Nikola Kalinić, completa il reparto la giovane speranza della Slovenia, Jan Mlakar, ex Maribor dal raffinato senso del gol dai piedi ben educati.

Il grande vivaio dell’Hajduk Spalato

Fucina di grandi campioni, come il portiere Beara (il migliore al mondo secondo Yashin), il terzino sinistro Jarni, il biondo Alen Boksić e il coriaceo centrale di difesa Igor Stimać, il nome su cui scommettere oggi è quello Marin Ljubicić, attaccante nativo anche lui di Split, ovvero il nome della città secondo la denominazione croata. Il ragazzo è l’ennesimo prodotto dell’Akademija HNK Hajduk “Luka Kaliterna”, il vivaio più florido di tutta la Croazia e tra i più importanti d’Europa. Da qui sono partiti altri figli della tradizione calcistica spalatina, come Asanović, faro insieme a Boban e Prosinecki della Croazia terza a Francia ‘98. L’atalantino Pasalić, che è diventato uno splendido giocatore “box to box” con Gasperini a Bergamo. Oppure Milan Rapaijć, che a Perugia è ricordato ancora con affetto.

Dopo anni vissuti all’ombra della Dinamo Zagabria, potrebbe essere tornato il momento di vincere, o almeno di competere per la vittoria. Comunque vada questo campionato, però, l’unica cosa che conta è e sarà sempre l’Hajduk Spalato e il forte senso di appartenenza che scorre dentro le vene dei suoi tifosi e tra le vie della città.


Immagine di copertina realizzata da PSM SPORT (base tratta dal profilo Facebook dell’Hajduk Spalato)

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