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Ci manchi, Eric Cantona

Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che verranno gettate in mare delle sardine. – Eric Cantona

La Marsiglia di Cantona

Nei sobborghi della multietnica Marsiglia dei primi anni ’70 il calcio da strada è lo svago che più di tutti unisce bambini di origini arabe, magrebine, francesi, provenienti da ogni parte del globo.
Non bisogna dunque meravigliarsi se un ragazzino di famiglia sardo-catalana, un giovane Eric Cantona, impari a camminare e a tirar calci ad un pallone quasi simultaneamente.
E neanche che si innamori di una squadra olandese, l’incantevole Ajax di Crujiff, invece che del locale Olympique du Marseille.
Pur essendo cresciuto tra culture differenti, quando anni e anni dopo qualche incauto giornalista chiese quale influenza sentisse maggiormente e come si sentisse in relazione al suo retaggio multiculturale, quel bambino -ora uomo- rispose di sentirsi in primo luogo un Cantona.
E poi, forse, tutto il resto.

Le giovanili

Sua Maestà, Eric “The King” Cantona è una delle figure più controverse che abbiano mai calcato un campo da calcio, amato alla follia quanto odiato visceralmente.
Il suo talento artistico e visionario viene notato per la prima volta nella squadra della scuola da Celestin “Tico” Olivier, compagno di squadra di Kopa e di Fontaine nella spedizione transalpina ai Mondiali di Svezia del 1958.
Uno che sa riconoscere un campione quando lo vede.
Olivier sparge la voce che a Sud sta sbocciando un nuovo talento.
Monaco, Nizza e Marsiglia organizzano provini ma alla fine a spuntarla sarà l’Auxerre di Guy Roux, che nel maggio 1981 si aggiudica il cartellino dell’allora quindicenne Cantona.

E poi gli inizi

Due anni dopo Eric debutta in prima squadra contro il Nancy, affiancato dall’esperto Szarmach, baffuto leader della Polonia che stupì il globo ai Mondiali del 1974.
La giovane ala decolla, prendendosi la titolarità e le prime convocazioni in nazionale.
Trascina l’Auxerre a suon di giocate spettacolari e assist al limite dell’impossibile, mettendo in mostra sia l’incredibile talento che il comportamento ribelle.
Tra dichiarazioni sopra le righe contro l’allenatore della nazionale transalpina Michel ed entrate da codice penale, si crea una fama di cattivo ragazzo che lo accompagnerà per gran parte della sua carriera.
Lo stesso comportamento, però, attirerà su di lui gli sguardi estasiati del pubblico e le attenzioni dei migliori club di Francia.

Nessuno è profeta in patria

Si scatena un’asta intorno a lui, e ad aggiudicarsela sarà il Marsiglia del milionario Tapie.
Dopo pochi mesi però una “cantonata” ne causerà un giro di prestiti. Durante un’amichevole contro la Torpedo Mosca viene sostituito e invece di accomodarsi in panchina scaglia il pallone verso la tribuna, si toglie la maglia e la lancia verso la panchina.
Qualche mese dopo, in prestito al Montpellier, scatena una rissa con un compagno di squadra e rimedia un’altra  sospensione.
Il Marsiglia lo mette fuori rosa, e gusterà la sconfitta dei compagni in finale di Champions contro la Stella Rossa di Belgrado davanti la tv.
Accantonato dall’allenatore, viene ceduto al Nimes e anche lì riesce a litigare con compagni, arbitri e commissione disciplinare, dando dell’idiota a tutti  durante un memorabile show.
Lapidario come sempre, tempo dopo Eric liquiderà la faccenda a modo suo: “Ho avuto il privilegio di assistere al mio funerale.”

Mi chiedo se Manchester sia abbastanza per me

La Francia scotta e sta ormai stretta a Cantona, che si trasferisce in Inghilterra, sponda SuperLeeds.
Lì vince il campionato deliziando il pubblico con giocate meravigliose e ricoprendo di assist il bomber Lee Chapman.
L’Inghilterra è stregata e a Elland Road rimbomba di “Oohaah Cantona”, uno dei cori che hanno fatto la storia del calcio inglese.


Le prestazioni per la “rosa bianca” del Leeds vengono notate da Sir Alex Ferguson, e il francese si trasferisce ai Red Devils per poco più di un milione di sterline.
Il primo incontro tra i due entra di diritto nella leggenda. “Mi chiedo se tu sia abbastanza bravo per giocare ad Old Trafford” si domanda Ferguson. E Cantona, serafico, risponde “Mi chiedo se Manchester sia abbastanza per me.

Cantona il re

La squadra è già fortissima, e con l’innesto di Cantona si fortifica ulteriormente.
Negli anni seguenti arrivano quattro Premier League e due coppe Nazionali, che le giocate del talento francese rendono indimenticabili.
Il pubblico ne adora persino le risse e le esuberanze, e idolatra l’arrogante esultanza con il colletto alzato, simbolo di eccentricità, eccesso, superiorità.
È il simbolo che differenzia l’artista dalla massa comune, il re dai sudditi.
E Cantona, a suo modo, è “The King”.
Un re brutto e sporco, più affine al re lucertola Jim Morrison che all’elegante Le Roi Platini.

E Cantona la leggenda

Il passaggio definitivo da campione a leggenda, da uomo a icona, avviene il 25 gennaio 1995 contro il Crystal Palace.
Cantona viene espulso dopo un fallo sul diretto marcatore Richard Shaw, che per tutta la partita aveva cercato di farlo infuriare.
I tifosi di casa lo riempiono di insulti mentre esce dal terreno di gioco.
Uno di questi, Matthew Simmons, offende ripetutamente la famiglia di Cantona, che perde definitivamente la testa.
I pochi attimi che seguono sono riassumibili in una delle fotografie più iconiche degli anni ’90 e della storia del calcio in generale: Cantona stende Simmons con un calcio e si avvia poi verso gli spogliatoi.
In una frazione di secondo, con un solo gesto, guadagna otto mesi di squalifica sportiva e l’immortalità.
In conferenza stampa silenzia tutti regalando un’altra delle sue perle: “Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che verranno gettate in mare delle sardine.”

Eric fuori dal campo

Scontata la squalifica, torna in campo per vincere un’altra Premier League e decide di ritirarsi dal calcio a maggio dell’anno seguente.
A trentuno anni, infatti, vuole dedicarsi ad altre passioni.
Facciamo un salto temporale e troviamo un Cantona in grado di suonare la tromba, con un Mondiale di beach soccer nel suo palmares e persino un film autobiografico all’attivo, girato da un Ken Loach in stato di grazia.
Uno di uno questi spot, girato dalla Nike al Colosseo, è probabilmente uno dei più belli di sempre.
Troviamo anche un Cantona che attacca duramente la politica di estrema destra della Le Pen e che invita i connazionali a ritirare i propri risparmi dalle banche, per far fallire il sistema bancario.

Ci manchi, Eric

Icona pop e idolo delle masse, autore di giocate sublimi e di gesti folli, Cantona ha incarnato l’archetipo dell’artista.
Egli è stato genio incapace di piegarsi alle regole di qualsiasi sistema.
Ha preferito ritirarsi dal mondo del calcio prima di decadere, pittore talentuoso e visionario che tracciava i suoi capolavori su un campo da calcio.
Ci manca un giocatore così, ci manca un incubo delizioso e maledetto, una scheggia impazzita che apporta un tocco di sublime anarchia ai sistemi attuali.
Ci manchi, Eric!


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Di Andrea Margutti

Aspirante scrittore, fotografo, musicista e scacchista. Piedi storti e braccia larghe in marcatura. Non si aspetta molto dalla vita, ma se potesse riavere Recoba in rosa sarebbe contento.

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